Per il sesto anno consecutivo la redazione di MilanoTeatri si trova a scegliere i migliori spettacoli andati in scena. Non una votazione, ma semplicemente un elenco delle opere che ci hanno trasmesso qualcosa e che secondo noi meritano di essere ricordate, sempre sottolineando che assistere a tutte le produzioni milanesi è ovviamente impossibile. I membri della redazione di MilanoTeatri ha scelto i suoi spettacoli, ecco cosa ne è venuto fuori.
Ivan Filannino ha scelto
LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE (di Simon Stephens, regia Ferdinando Bruni e Elio De Capitani)
Non ha deluso le aspettative uno degli spettacoli più attesi della stagione. Un grandissimo cast, con il giovane Daniele Fedeli protagonista, diretto da Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” sa restituire dal vivo le immense emozioni dell’omonimo romanzo scritto da Mark Haddon. Due ore e mezza in cui il pubblico si immerge nei misteri di un piccolo paese inglese entrando nella meravigliosa mente di Christopher.
Visto al Teatro Elfo Puccini
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AMLETO TAKE AWAY (di Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari)
Spettacolo che è valso a Gianfranco Berardi un meritatissimo Premio Ubu, “Amleto take away” prende l’eroe shakesperiano per antonomasia e lo porta ai giorni nostri tra social network e multinazionali. Vincente l’ironia del protagonista che, accompagnato da Gabriella Casolari, sferra fendenti alla società moderna.
Visto al Teatro Elfo Puccini
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VINCENT VAN GOGH – L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO (di Stefano Massini, regia Alessandro Maggi, con Alessandro Preziosi)
Il testo di Stefano Massini, vincitore del Pier Vittorio Tondelli nel 2005, interpretato da un sorprendente Alessandro Preziosi capace di entrare perfettamente nella pelle di Van Gogh. Fondamentale il lavoro in regia di Alessandro Maggi che rende il bianco il vero antagonista per un uomo che ha sempre vissuto nel colore.
Visto al Teatro Manzoni
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PARENTI SERPENTI (di Carmine Amoroso, regia Luciano Melchionna, con Lello Arena e Giorgia Trasselli)
Un delizioso omaggio al film di Mario Monicelli datato 1992. L’adattamento di Luciano Melchionna porta i protagonisti nel 2019 con smartphone e antidepressivi, ma la natura “infima” non è cambiata. Ne esce uno spaccato della nostra società che diverte il pubblico grazie alla perfetta sinergia sul palco tra Lello Arena e Giorgia Trasselli.
Visto al Teatro Carcano
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Danilo Caravà ha scelto
LA SCORTECATA (di Emma Dante)
Si prende le mosse da una novella de “Lo cunto de li cunti”, “La vecchia scorticata” per raccontare il grado zero, l’orizzonte degli eventi teatrale, che è tutto lì, racchiuso nei gesti di due attori che recitano parti di donne anziane, di re, o meglio di fools shakespeariani che puntano a rovescio la loro bussola molto più a sud dei santi.
Visto al Piccolo Teatro Grassi
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ANFITRIONE (di Teresa Ludovico)
Il testo scenico è il risultato di un riuscito laboratorio di comicità, di un continuato labor limae di lazzi, battute, situazioni comiche, è un ragù partenopeo che “pippia” di suoni irresistibilmente comici, pronto per essere consumato da parte della platea.
visto al Teatro Fontana
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PLATONOV (regia Marco Lorenzi. Il Mulino di Amleto)
Il merito del regista Marco Lorenzi è proprio quello di rendere l’anima del testo in presa diretta, strappando via il tulle, grattando via la melanconica doratura dei personaggi, traccia mnestica dell’esegesi stanislavskijana che già indispettì l’autore, per far posto ad una vocalità spontanea, ad una recitazione immersa nella verità fino al tallone.
visto al Teatro Fontana
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LA SCUOLA DELLE MOGLI (di Molière, regia Arturo Cirillo)
La felice intuizione del regista Arturo Cirillo è quella di trovare la musica del testo molieriano, il suo ritmo, di scovare il tempo giusto, di farlo tenere ed insieme danzare agli interpreti, di meticciare felicemente il meccanismo antico della comicità atellana, con le marionette biomeccaniche di mejerchol’diana memoria.
Visto al Teatro Elfo Puccini
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Giuseppe Pipino ha scelto
QUASI NIENTE (di Deflorian/Tagliarini)
Per questo che è uno dei migliori spettacoli della recente stagione del Teatro dell’Arte, rappresentato con grande successo in Francia e in Canada, basterebbero i nomi coinvolti a suscitare interesse (Daria Deflorian, Antonio Tagliarini, Michelangelo Antonioni, Mark Fisher, ecc…) e poi guardarlo per capire la qualità della “parola performativa”, che è la cifra fondamentale della compagnia: un Teatro, quello del duo artistico italiano più conosciuto oltralpe, che coinvolge lo spettatore in pindariche avventure della lingua, del senso, dell’ironia, della tragicità, il tutto mescolato al contesto quotidiano, a quello urbano, a ciò che ci è maggiormente ‘familiare’ nel senso più profondo del termine.
Visto alla Triennale Teatro dell’Arte
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LA GIOIA (di Pippo Delbono)
«Dov’è questa gioia? Dov’è?» chiede Delbono agli spettatori. Come per porre un problema, come per proporci una soluzione semplice ai ‘perchè’ complicati e ai ‘come’ complessi, alle preoccupazioni che troppe volte ci paiono insuperabili e che, puntualmente, superiamo.”
Seppur mancante di un grande protagonista della variegata compagnia di Delbono, Bobò, lo spettacolo rinasce e, anzi, si veste di quest’assenza trasformando la pièce in un omaggio al compianto amico e collega del regista e in un regalo ancor più profondo e umano riservato a noi spettatori.
Visto al Piccolo Teatro Studio Melato
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TEATRO DELUSIO (di Familie Flöz)
Al di là di qualsiasi gusto predefinito, di preferenza, Teatro Delusio e, si potrebbe dire di qualsiasi altro spettacolo della compagnia berlinese, merita di esser visto e applaudito per la grande maestria di un modo unico di fare Teatro e per la grande magia che ruota attorno a questa incredibile ed ironica dichiarazione d’amore rivolta al Teatro stesso.
Visto al Teatro Menotti
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Alessandra Pace ha scelto
THE RIPETITION HISTORIE(S) DU THEATRE (I) (di Milo Rau)
Perché fa del mezzo teatrale un mezzo di comunicazione senza intermediari, perché disgrega certezze e costruisce verità.
Visto al Piccolo Teatro
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SEMPRE DOMENICA (di Clara Sancricca. Controcanto Collettivo)
Per la sincerità degli attori e l’innocenza del racconto, per la carica liberatoria di un grido generazionale, per fermarsi ad ascoltarlo.
Visto al Teatro Elfo Puccini
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THANKS FOR VASELINA (di Carrozzeria Orfeo)
Perché possa continuare a vivere uno spettacolo che squarcia le regole dell’apparenza e si fa disincantata testimonianza delle fragilità umane.
Visto al Teatro Elfo Puccini
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Angelica Orsi ha scelto
IVAN (di Letizia Russo, regia Serena Singaglia)
Un magistrale Fausto Russo Alesi, guidato dall’abile regia di Serena Sinigaglia, rivela il mondo interiore di Ivan Karamazov, forse il vero protagonista del grande capolavoro dostoevskiano, certamente il personaggio più controverso della famiglia Karamazov e l’incarnazione della poetica dell’autore. Il protagonista parla allo spettatore da un’altra dimensione, quella di un limbo morale e fisico che è la condizione sua e dell’uomo contemporaneo, attanagliato dai grandi quesiti, dai dilemmi e dai dissidi a cui la quotidianità ci pone di fronte, ma che non siamo più in grado di affrontare. Un monologo sofferto, che pone domande senza soluzione, aprendo nuovamente la possibilità di accettare il non finito e l’imperfetto come elemento proprio della vita umana.
Visto al Piccolo Teatro Studio Melato
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LA TEMPESTA DI SHAKESPEARE (di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia)
Sul palco dell’Elfo torna in scena Ferdinando Bruni, con il riadattamento della celebre opera scespiriana. Un solo uomo sulla scena nei panni del mago reietto Prospero, riesce a dare corpo ad un esercito di mostri ed esseri sovrannaturali con l’aiuto di maschere, fantocci e burattini, abitatori indisturbati di un’isola magica e sconosciuta. Un’atmosfera onirica ed esotica quella ricreata da Bruni, che riesce a comunicare la vera essenza dell’opera originale, senza però trascurare la componente innovativa. Una performance raffinata ed aggraziata, che trasporta lo spettatore in una dimensione lontana dall’hic et nunc.
Visto al Teatro Elfo Puccini
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POLVERE (di Marzia Gallo e Michele Segreto, regia di Michele Segreto. ServoMuto Teatro)
In una scenografia scarna ed essenziale, Marzia Gallo interpreta una curiosa e vivace bambina che cerca di affrontare la scomparsa della madre, avvenuta in un tragico bombardamento, attraverso l’ironia, l’allegria e la sincerità, uniche armi in grado di sconfiggere il trauma innominabile della morte, il più grande tabù della società occidentale. Liberamente ispirato al romanzo “Se è una bambina” della pluripremiata Beatrice Masini, questo spettacolo riesce a toccare le corde più profonde dell’anima con la brutalità incalzante dello sguardo infantile, che rompe le barriere costruite dalla società, per mostrare tutto lo squallore e la desolazione del nostro mondo. Solo rivelando il reale aspetto delle cose è, infatti, possibile trovare una chiave per superare le nostre paure.
Visto al Teatro Libero
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Michele Ciardulli ha scelto
HAMLETMACHINE (di Robert Wilson)
Dopo 31 anni dalla sua prima messa in scena torna uno degli spettacoli simbolo di Robert Wilson. Vedendolo capisci quanto è ancora contemporanea la sua ricerca. Torna con un impianto visivo potentissimo che ribadisce, in un tempo in cui il minimalismo spesso sfocia nel nichilismo scenico, l’importanza della macchina spettacolo. Con “tutti” i suoi elementi in accordo e sintonia.
Un esperimento che va oltre la storia e che di certo ti rimane impresso nella mente.
Visto al Piccolo Teatro Studio Melato
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ERECTUS (di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni)
Un lavoro di ricerca pura che sa coinvolgere e farti sentire partecipe. Una espressione sincera e, di grande esperienza, che sa mescolare diversi linguaggi espressivi a grandi temi senza nessuna presunzione di verità assolute. La potenza della danza, la libertà del Jazz e la metafora della visione in un solo progetto.
Visto al Festival Da vicino nessuno è normale
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VISITE (di Riccardo Pippa. Teatro dei Gordi)
Uno spettacolo coraggioso che parla della vita attraverso il teatro di figura, indagando e facendo proprio questo linguaggio.
La compagnia sceglie di mettere in scena un lavoro complesso e ambizioso.
Completamente incosciente nella scena teatrale contemporanea: tanti attori, mesi di prove, una scenografia vera, ricerca musicale e visiva. Per quella che si definisce una giovane compagnia: una follia. Ma in tempo di follia uno spettacolo ben fatto, che parla di vita e di emozioni in modo leggero e intenso, senza retoriche o semplificazioni, è già una boccata d’aria fresca.
Visto al Teatro Franco Parenti
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Jasmine Turani ha scelto
APLOD (di Rodolfo Ciulla. Fartagnan Teatro)
Divertente, coinvolgente, nerd. Una distopia buffa, uno spettacolo ricco di idee, frutto di una compagnia giovane che porta una ventata d’aria fresca nel panorama teatrale milanese. Tra una risata e l’altra, non si tralasciano frecciatine nei confronti di una società contemporanea super social in cui gli under-30 devono cercare di farsi spazio.
Visto al Festival Trameduatore e a Campo Teatrale
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LA MéLANCOLIE DES DRAGONS (di Philippe Quesne)
Sette metallari sono bloccati con l’auto in un bosco. Chi avrebbe immaginato che fossero i gestori di un parco divertimenti? Nell’attesa del carroattrezzi, la strampalata compagnia intrattiene con le sue attrazioni surreali, dando la possibilità di immergersi in un mondo malinconico, astratto e visivamente molto suggestivo.
Visto alla Triennale Teatro dell’Arte
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NOVECENTO (di Alessandro Barricco, regia Gabriele Vacis, con Eugenio Allegri)
Il testo di Baricco, con la regia di Vacis e l’interpretazione di Allegri non stanca mai. Il monologo calza sul performer come un guanto e regala ogni volta una vasta gamma cromatica di emozioni. Il trio vincente ammalia, attualizzando il secolo del Jazz.
Visto al Teatro PIME
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Irene Raschellà ha scelto
Ombre Folli (di Franco Scaldati, regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi. Compagnia Vetrano Randisi)
La polvere delle strade di Palermo si materializza sotto i nostri piedi, mentre, drammaticamente, vediamo in lontananza i protagonisti stringersi in un abbraccio. O è una morsa?
Due reietti sociali, costretti a vivere nella menzogna, danzano con gesti intimi e smisurati, posati e irrisori, evocando la pregnante poesia del drammaturgo siciliano.
Visto al Teatro Elfo Puccini
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Uncanny Valley (di Rimini Protokoll)
Stefan Kaegi e Thomas Melle s’inseriscono nella ricerca innovativa del collettivo berlinese, facendo vivere agli spettatori un’esperienza unica: a recitare non è un attore in carne e ossa, ma il doppio animatronico del drammaturgo. Le parole vita, teatro, alienazione e finzione iniziano a prendere una definizione sempre più relativa, arrivando a farci domandare: cos’è reale?
Visto alla Triennale Teatro dell’Arte
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Francesca Parravicini ha scelto
RUY BLAS (regia Marco Lorenzi. Il Mulino di Amleto)
Spettacolo che si ribella ai canoni del teatro puntando sulla semplicità della messa in scena e sulla forza del racconto: un servo innamorato della regina di Spagna viene costretto dal proprio padrone a trarla in inganno, ma grazie alla propria onestà e intelligenza riuscirà a dimostrare il proprio valore. Ottima la prova attoriale degli interpreti e magistrale la regia.
Visto al Teatro Fontana
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TUTTO QUELLO CHE VOLEVO (di Cinzia Spanò, regia Roberto Recchia)
Spettacolo inchiesta di grande impatto che attraverso il caso malamente definito “Baby Squillo” mette in discussione la questione della parità dei sessi nella società di oggi.
Da vedere assolutamente per la bravura di Cinzia Spanó e per il messaggio che dà al pubblico tramite il suo personaggio.
Visto al Teatro Elfo Puccini
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Beatrice Marzorati ha scelto
CI AVETE ROTTO IL CAOS (di e con gli attori detenuti del Carcere di Milano-Bollate)
Uno spettacolo che vibra di un’incredibile energia, forte dell’accorto lavoro delle due conduttrici, Matilde Facheris e Michelina Capato, e dell’intelligente operazione drammaturgica che prende spunto dalle esperienze concrete e reali dei detenuti stessi e le rielabora mettendo in luce le fragilità, gli errori, le violenze, le illusioni ma anche la possibilità di ritrovarsi, di accettarsi, di credere nei propri sogni e nelle proprie capacità.
Visto al Piccolo Teatro Studio Melato
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Marta Zannoner ha scelto
FARE UN’ANIMA (di Giacomo Poretti, regia Andrea Chiodi)
Miglior spettacolo non tanto per la drammaturgia, in ogni caso piacevole e divertente, o per la regia innovativa ma per il sentimento con cui pubblico e protagonista (Giacomino Poretti) si sono incontrati e riscoperti. Il teatro infatti è anche la forza del calore umano che si vive in maniera diretta, sia dal palco che dalla platea. È incontro di energie e condivisione di un percorso. In Fare un’anima c’erano tutti quegli aspetti che rendono quest’arte insostituibile, aggiungendo anche un pizzico di nostalgia per gli appassionati della vecchia scuola di Aldo Giovanni e Giacomo.
Visto la Teatro Leonardo
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