
La Mélancolie Des Dragons: uno spettacolo fotografico
La Mélancolie des dragons di Philippe Quesne apre col botto la stagione teatrale 18/19 della Triennale di Milano nelle date del 5 e 6 ottobre, con un quasi tutto esaurito per assistere alla performance messa in scena dall’ideatore di L’Effet de Serge, presentato nella prima edizione del festival FOG. E le aspettative non sono state disattese.
A fungere da situazione di partenza è un problema tecnico: una compagnia di metallari composta da sette individui si ritrova bloccata in un bosco disabitato a causa di un guasto alla loro Citroen AX. In loro aiuto accorre la stralunata Isabelle, donna dall’animo buono e gentile che attende pazientemente con loro un meccanico.
Ci si ritrova in una radura innevata, circondata solo da alberi. Al centro una Citroen AX con attaccato un rimorchio. Il tutto è giocato sui toni di soli due colori, bianco e nero. Potremmo essere ovunque: a Milano, nel Parco Sempione, in Francia, in America, sulla Terra? Non si sa e questo spiazza, ma piace, aiutando fin da subito ad immergersi nell’atmosfera surreale in cui Quesne vuole trascinarci. Siamo condotti dolcemente per mano dal regista, così come i sette metallari portano cautamente Isabelle in un percorso alla scoperta delle attrazioni che caratterizzeranno il loro parco divertimenti. Isabelle, come una bambina, si stupisce davanti ad ognuna delle novità che gli uomini le mostrano, dando forti segni di approvazione. Ma è qui che subentra la commistione con l’ironia: in questa atmosfera tenera, delicata, da sogno, vengono presentate delle attrazioni estremamente banali ed inconsistenti, come per esempio delle bolle di sapone, ed è proprio questo estremo contrasto a suscitare forte e costante ilarità nel pubblico. Isabelle non smette di gridare “Wow” e di gesticolare con le braccia per mostrare la sua meraviglia nei confronti di una semplice macchina del fumo, piuttosto che di una fontanella giocattolo.
In più occasioni, i metallari coinvolgono direttamente Isabelle nelle loro trovate: con loro la donna balla, legge, scia… e poi iniziano a coinvolgere anche il pubblico, giocando con gli oggetti di scena in modo da creare un meta-teatro che ha reso partecipi gli spettatori, per esempio sollevando il telo che fungeva da coltre di neve per tirare fuori delle prese elettriche.
L’avanguardismo di Quesne si è riscontrato soprattutto nel momento in cui, mentre i metallari spiegavano direttamente alla piccola donna le potenzialità delle loro sette futili creazioni, nel frattempo, alle loro spalle, grazie a giochi di luci, a contrapposizioni di oggetti gradi e piccoli e agli spostamenti degli elementi di scena, questi creavano a livello indiretto la vera attrazione del parco, ovvero la sensazione di malinconia all’interno di un panorama surreale, invogliando chiunque fra il pubblico a poter entrare, anche solo per un minuto, là dentro, per immergersi in quell’atmosfera di cupa calma che ha creato sentori fortemente contrastanti.
La Mélancolie des dragons è uno spettacolo marcatamente fotografico: ogni spostamento, ogni luce, ha contribuito di scena in scena a creare un’immagine da salvare, così com’è, nel cassettino dei ricordi, per poterla ritirare fuori nel momento in cui non si riuscirà a descrivere a parole una sensazione. Con l’aiuto di un ampio spettro musicale ben abbinato, Quesne ha creato emozioni inspiegabili e soprattutto totalmente in contrasto con la semplicità della trama.
La performance si è svolta in un climax ascendente che ha raggiunto il suo apice nel momento in cui i metallari hanno mostrato a Isabelle l’ultima attrazione del parco. La donna si è ritrovata da sola, quasi al buio, sovrastata da enormi pilastri gonfiabili neri che oscillavano, incombendo brutali su di lei. Isabelle era ferma, immobile al centro del palco. Si sentivano le voci dei sette e per un momento si è pensato che non sarebbero più tornati, che sarebbero svaniti lasciandola lì sola. E invece, fortunatamente, sono rientrati sul palco, trovando anche un titolo al loro circo delle meraviglie e donandoci qualche ultima risata prima della conclusione.
Jasmine Turani
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