Uno sguardo su “Bissima” di Lazare Ohandja

bissima

Lazare Ohandja, ballerino e coreografo camerunense già ospite al Teatro dell’Arte nel dicembre 2015 con il suo Isse-Il cerchio, ha presentato per quest’estate 2018, nell’ambito della rassegna Trip-P music Festival, organizzata dallo stesso ente teatrale, il suo ultimo lavoro: Bissima, dans la rue, la rue en trance.

Questo originale artista prosegue così la sua ventennale ricerca tra identità e culture, anche diverse e distanti tra loro, accostando le danze più tradizionali afro a una costante evoluzione delle competenze acquisite con la danza contemporanea e la sua notevole attitudine teatrale.

Molto affascinante l’impianto scenografico costruito per questa rappresentazione cui assistiamo con musiche dal vivo di Mercan Dedé, musicista turco già collaboratore di Pina Bausch e Ludovico Einaudi.
Regia luci, proiezioni, effetti di richiamo fantasmagorico e dal tocco magico, in collaborazione con Studio Azzurro.

Bissima è il nome di una deità bantu che si manifesta in sfolgoranti sciami di lucciole e Lazare Ohantja per renderci magica e quasi realistica questa apparizione si avvale anche di danzatori dervisci rotanti.

L’effetto in scena è sorprendente in quanto Studio Azzurro utilizzando tre pannelli trasparenti e invisibili messi uno tutto frontale, un altro a forma di alta stele rettangolare nel centro e l’ultimo sulla parete di fondo, proietta e fa roteare piccoli cerchietti come tanti pallini bianchi che nei loro continui movimenti tra espansione e riassorbimento delineano disegni simbolici sospesi nell’aria … … un’ambientazione che interagisce costantemente e mutevolmente nel procedere dei riti e delle
coreografie.

Immaginate pertanto la spettacolarità in scena quando Lazare Ohantja, avvolto di lenzuolo bianco come uno sciamano reso Dio, si muove con gesti di ritualità e invocazioni tra terra e cielo – tipici di certe etnie dalle antiche culture e tradizioni – e con la voce recitante mantra e poemi – richiama l’energia vitale, i cicli delle stagioni, i ritmi della natura che complice si risveglia… … intanto due ballerini gli girano attorno con movenze e gesti di fusione tra contemporaneità e danze tribali … … esibendo corpi agili e sinuosi come bellissimi animali felini… … .
Le musiche: un mix di elettronica, flauti ottomani e percussioni africane… … .

Noi spettatori – avvolti in atmosfere rarefatte e in calzanti – cominciamo a riconoscere – mentre si formano – diverse sembianze archetipiche e primarie che le proiezioni dei pallini sospesi ci regalano: ora una maschera o un elefante poi un bisonte o un serpente – simbolo di una forza latente – le figure cambiano a seconda delle variazioni ritmiche nel loro progressivo sviluppo.

Poi tra silenzi e suoni roboanti la dea Bissima di nero vestita appare – sulla gonna tantissimi specchietti rettangolari – per un po’ lei sta lì… …ferma … come incollata e sigillata tra il suolo e la stele alle sue spalle … lei stessa dea resa stele … …ancora ferma lì nella sua centrale regalità …

poi piano piano quando comincia a girare e la velocità si fa sempre più vorticosa – turbinante e vorticosa – veloce – veloce – più veloce e roteante e ancora più veloce lei gira diventando dea elevata – avvitata su un unico punto di sé stessa mentre ancora gira e rigira … e tutto sembra attirarsi lì in quell’unico punto girevole piroiettato e assorbito tra la sua altezza e la circolarità della sua grande gonna specchiante – noi spettatori abbagliati a osservarla estatici … … .

Necessitano un controllo e un equilibrio speciali per mettere in connessione – centro fisico – intellettivo – emozionale – contemporaneamente nella velocità e con tempi prolungati; questa tecnica si perfeziona attraverso un lungo percorso di lavoro non solo per capacità fisiche ma soprattutto per scavo interiore.

Poi così … come improvvisamente apparsa… la dea Bissima altrettanto improvvisamente svanisce … … un muto silenzio cala sulla scena e noi a respirarci come un Tutto – assorbiti nell’Universo con Lei e come Lei – ricongiunti alla propria segreta essenza divina… .

Una percezione di noi che sentiamo anche quando guardiamo le successive danze dervisci che completano l’evolversi dei riti; i danzatori procedono con camminate in senso antiorario tra inchini ed elevazioni cui seguono altri cerchi concentrici e
ripetitivi – ci sono momenti in cui lo spazio sembra dilatarsi – restringersi o allungarsi stabilendo con loro una relazione univoca di danza cosmica
– astrale:
tutte le coordinate prospettiche sembrano annullarsi e i corpi danzanti ci appaiono allungati e sospesi …

Assistere a questo scintillante spettacolo è stato come ruotare o ritrovarsi immersi in una meravigliosa boule de neige colorata …

Vitia D’Eva

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