
Dopo lo straordinario successo a febbraio con lo spettacolo Cyrano(QUI la nostra intervista), torna al Teatro Elfo/Puccini con lo spettacolo Il gioco del panino uno dei nostri ospiti più graditi Arturo Cirillo in scena dal 2 al 7 maggio 2023.
Protagonista Wilfred Paterson un uomo con disagi, paure, problematiche tutte sue, anche se in fondo tutte possibili in ogni creatura umana. Wilfred è una persona, un signore, che ha lavorato in un parco pubblico, sposato, non ha avuto figli e che ha tutta una sua vita emotiva ed affettiva.
“Bennett non giudica, non condanna, non assolve, non risolve – queste le parole di Arturo Cirillo – ma semplicemente osserva come si osserverebbero le cose della natura, con le sue leggi e le sue eccezioni, le sue regole e le sue devianze”.
Per saperne di più su Wilfred potevamo perdere l’occasione di contattare nuovamente Arturo, giusto per stuzzicare la nostra fantasia…
Arturo, credevo di aver letto quasi tutto di Alan Bennett e invece no!
Cosa tratta, soprattutto, cosa vedremo grazie allo spettacolo Il gioco del panino?
Il gioco del panino fa parte del secondo volume di Talking Heads, una raccolta di monologhi televisivi scritti negli anni ’80 per la BBC da Alan Bennett successivamente riadattati dall’autore in un omonimo adattamento teatrale. La regia della prima serie televisiva di Talking Heads era firmata dallo stesso Bennett mentre la seconda, forse per motivi di età, no.
Sono in generale monologhi per attrici però in Gran Bretagna li hanno interpretati anche molti attori, piuttosto noti nel mondo del teatro.
Entrare dentro la trama de’ Il gioco del panino non ci vorrei entrare troppo!
Ti posso dire che è la storia di una persona, Wilfred Paterson, che lavora in un parco di una cittadina non specificata, ma come quasi tutte le opere di Bennett scopriamo essere nella sua città natale. Si capisce che c’è qualche cosa, nel passato di questo uomo, che non torna.
Ad esempio non si trova il suo stato di servizio, i suoi parenti fanno commenti strani su di lui, si vocifera sia meglio che non vada a comprare le caramelle, non vogliono che si avvicini troppo ai bambini… Insomma mi sembra, dicendo queste cose, che ho già fin troppo svelato qual è il segreto, il problema, la malattia di questa persona.
La cosa interessante di questo monologo è che Bennett affronta questa tematica senza nominarla ed anche io evito di farlo, ma soprattutto ti fa entrare dentro ad un’umanità che per quanto sicuramente degenerata, malata e portatrice di sofferenza è lei stessa in fondo un’umanità sofferente.
Ci dobbiamo aspettare un Bennett meno comico rispetto ad altri suoi romanzi, racconti o testi teatrali. Soprattutto con Il gioco del panino, complice l’argomento, serpeggia una sottile, forse più che sottile, ironia inglese. Si sorride, ma fondamentalmente è un Bennett più amaro.
Perché hai scelto proprio questo testo di Bennett, poco rappresentato (correggimi se sbaglio)?
In realtà non l’ho scelto, mi è stato consigliato da Rodolfo Di Giammarco (giornalista e critico teatrale per il quotidiano La Repubblica) il quale da molti anni organizza a Roma una rassegna di teatro inglese contemporanea. Di Giammarco è un grande amante del teatro inglese, va spesso in Gran Bretagna a vedere spettacoli e al Festival di Edimburgo.
Rodolfo voleva che io partecipassi al suo Festival e mi aveva proposto un paio di testi tra questi Il gioco del panino raccontandomi da subito l’argomento. Mi vedeva molto bene a interpretare questo personaggio e dopo aver letto il testo gli diedi ragione. Me lo sono sentito nelle mie corde chiaramente corde, rispetto a chi vede assiduamente i miei spettacoli, molto meno comiche e spiritose, corde che in me esistono.
Esempio, chi ha seguito la mia trilogia americana di qualche anno fa al Teatro Menotti di Milano ha visto un attore se vogliamo più dimesso, più amaro e malinconico.
E sì ti confermo che Il gioco del panino non è molto rappresentato. Mi risulta (lo so perché l’ho ascoltato) che Filippo Dini ha fatto una lettura su Radio3 ma di fatto non è mai stato messo in scena. Possiamo dire sia una novità assoluta e ringrazio Arcadia (agenzia di Bennett per l’Italia) che mi ha concesso i diritti, tra l’altro sono venuti a vederlo a Roma e hanno apprezzato e questo mi ha fatto molto piacere.
Concludendo Il gioco del panino più che essere stato scelto si è fatto scegliere tramite il passaggio di Rodolfo Di Giammarco.
Qual è il sentimento che accomuna Arturo a Wilfred?
Se vogliamo creare questa specie di parallelismo, di paragone o di similitudine di sicuro non ci accomuna la problematica/malattia di cui soffre Wilfred.
Faccio una piccola digressione, in generale non sono contrario a relazioni con persone molto più giovani, dove c’è molta differenza di età, per intenderci. Anche perché credo la sessualità in ognuno di noi si sviluppi molto presto e in questo la penso come Mario Mieli ovvero che nasciamo pansessuali. Ma quello che fa Wilfred non va assolutamente fatto e questo deve essere chiaro!
Tornando alla tua domanda… cosa mi accomuna?!
Non saprei… forse in modo più generico, un interesse verso la giovinezza, chiaramente un interesse totalmente diverso da Wilfred.
Quello che interessa di più a Arturo, e che lo accomuna un certo punto di vista emotivo, e che questi personaggi se vuoi falliti, perdenti, marginali, con molte problematiche e che rischiano di diventare respingenti per lo spettatore (mi viene in mente Iago che feci in un Otello di tanti anni fa con la traduzione di Patrizia Cavalli) è la sfida che mi è piaciuta e mi piace sempre affrontare, ovvero portare questo personaggio ad avere non dico un’empatia con il pubblico, sarebbe eccessivo, però in qualche modo a fine spettacolo lo spettatore non dico che debba assolvere Wilfred, perché non deve assolverlo, però per certi versi lo possa comprendere.
Questa è una sfera dell’essere umano che a me interessa forse perché sono molto problematico anch’io. Non questo tipo di problematica, però di tante altre sì. Non mi ritengo una persona né risolta né priva di complicazioni e contraddizioni, a volte con istinti auto distruttivi.
Per me vivere non è la cosa più semplice del mondo e per Wilfred lo è ancora meno che per me!
Di chi o di cosa ha più paura Wilfred?
Mi verrebbe da dire, anche se è una risposta un po’ truce, essere allontanato dai bambini. In cuor suo Wilfred pensa di riuscire rapportarsi solo con i bambini (forse perché non è mai realmente cresciuto…). In loro riconosce persone che lui sembra di capire meglio degli adulti e gli sembra anche di capire che i bambini non gli vogliono male, che non si debba difendere da loro.
Peccato che i bambini si debbano difendere da lui!
Arturo Cirillo di cosa ha più paura?
Di che cosa ho paura… ho sempre pensato, specie da quando faccio teatro, che della paura non bisogna avere paura. È un sentimento che ci appartiene è che secondo me ci aiuta a capire certe cose di noi. A volte, sempre meno dopo tanti anni di teatro, ho paura di andare in scena ma non elimino questa paura anzi cerco di starci insieme addirittura portandola sul palco con me.
Mentre nella vita privata ho forse paura di ricevere sentimenti non sinceri. Mi ritengo una persona molto emotiva e sincera. Mi sembra di cercare sempre di esprimere quello che sento sia nelle relazioni con le persone sia nelle relazioni sentimentali e mi fa paura quando mi accorgo che le persone spacciano per sinceri certi tipi di sentimenti ma che sinceri non lo sono e che sottilmente manipolano se non proprio me stesso ma la relazione. Ecco questo mi fa paura. Perché mi ritrovo impreparato e non ho la capacità, l’acutezza, l’osservazione e la scaltrezza di capirlo.
Oggi, alla mia età, appena ho sentore di questa cosa (poca sincerità rispetto a certi sentimenti) chiudo il rapporto, mi difendo così senza parlarne perché se qualcuno sta mentendo certamente non lo ammetterà mai.
In una delle repliche dello spettacolo, presso il Teatro Elfo/Puccini, potrebbe esserci un Wilfred cosa vorresti che si portasse a casa dopo aver visto Il gioco del panino?
Non lo so, non so se ci sarà un Wilfred seduto in platea, non lo so nel senso non conosco la percentuale di casi di persone come Wilfred a Milano o in Italia… siamo abituati a collegare questo argomento con la Chiesa e i preti rispetto alle persone diciamo comuni, non religiose.
Ma poniamo il caso si palesi un Wilfred a teatro, a parte il fatto che una persona come Wilfred non va a teatro facente parte di una piccola borghesia, abbastanza provinciale anzi proletaria più che piccola borghesia e tra l’altro neanche particolarmente colta anzi fosse stato un pochino più colto magari si sarebbe salvato perché avrebbe elaborato certe sue problematiche.
Ma torniamo ad un Wilfred seduto in platea, chiaramente non il personaggio scritto da Bennett ma una persona fisica e con questa problematica; mi piacerebbe tornasse a casa capendo che quello che per lui è giusto, in realtà giusto non è per il bambino/bambina.
Di fatti Wilfred durante l’ultimo quadro dello spettacolo dice:
“la parte della mia vita che a me sembra più giusta è invece proprio quella sbagliata”.
Questa persona dovrebbe capire che non è sbagliato per lui è sbagliato quello che lui fa ai bambini, quindi è sbagliato per i bambini. In qualche modo dovrebbe trovare un altro modo per relazionarsi con i bambini o forse dovrebbe… crescere!
Tu, cosa ti porti a casa…
Mi porto a casa la nettissima sensazione, anche quando ho interpreto personaggi estremi come L’Avaro di Moliere o come citavo prima Iago di Shakespeare, che dietro la cattiveria in realtà c’è tanta insicurezza mal riposta.
Wilfred non è cattivo è una persona disadattata, di lui porto a casa un uomo che sarebbe potuto essere un bravo uomo, forse anche più di un bravo uomo, avrebbe potuto essere una bella persona e invece purtroppo non lo è, e non lo è perché in realtà, diversamente da quello che fanno gli attori, non riesce a fare un viaggio dentro se stesso. Io in fondo dentro Wilfred cerco di fare questo viaggio, cerco di portare i miei sentimenti che possono riguardarlo e rendere possibile l’esistenza di questa persona, perché queste persone esistono e lo dice il verbo stesso ‘esistere’ e nel momento in cui esistono andrebbero più che giudicate, comprese e ci tengo a ripetere non per assolverle ma per accettare una parte di noi che forse può riguardarci.
Non ci resta che comprare un biglietto e fare questo viaggio grazie allo spettacolo…
IL GIOCO DEL PANINO
dal 2 al 7 maggio 2023 – Teatro Elfo/Puccini
SALA Fassbinder
di Alan Bennett
interpretazione e regia Arturo Cirillo
sinossi
una persona, con disagi, paure, problematiche tutte sue, anche se tutte possibili. Nessun giudizio, nessuna condanna, ma neanche assoluzioni. Un’osservazione dell’uomo come se fosse una cosa della natura, con le sue leggi e le sue eccezioni, le sue regole e le sue devianze.
Il gioco del panino è il racconto di tutta una vita emotiva ed affettiva che non si può definire con delle semplici parole.
Le parole… uno degli strumenti più importanti per un attore, questo motivo dobbiamo andare a teatro. Per ascoltarle!
TiTo
Leave a Reply