
Sarà in scena al Teatro Menotti fino al 18 giugno “Un salto in cielo – Brechtsuite” scritto e diretto da Emilio Russo. Un viaggio alla scoperta del grande autore tedesco e uno spettacolo che andiamo a conoscere meglio grazie alla chiacchierata che abbiamo fatto proprio con Emilio Russo.
Benvenuto Emilio, possiamo dire che Brecht è il grande protagonista del suo nuovo spettacolo?
Sì, in modo particolare la sua opera, i suoi personaggi e l’importanza che continua ad avere per la drammaturgia. Mentre i protagonisti in scena sono dei profughi, ho voluto immaginarli nella stessa condizione di Bertold Brecht, di Kurt Weil e di tutti quegli intellettuali che dalla Germania in fiamme cercavano rifugio, chi nell’Europa del Nord chi negli Stati Uniti. Ho immaginato anche che Brecht portasse con sé in una valigia immaginaria i personaggi delle sue grandi opere.
Qual è l’importanza della musica in questo spettacolo?
È tanta, a me piace contaminare la prosa con la musica e piaceva anche a Bertold Brecht perché tutte le sue grandi opere presentano la musica. In questo caso abbiamo anche esagerato perché sul palco oltre ai sei attori ci sono i nove musicisti dell’Artchipel Orchestra di Ferdinando Faraò. Musica, canzoni, parole, sentimenti e mi pare che il pubblico stia apprezzando questo spettacolo.
Quando ha iniziato a lavorare a questo progetto?
Come spesso accade spesso le idee vengono da lontano. Brecht è un autore molto amato. Ho avuto l’idea dalla definizione “un salto in cielo” che Giorgio Strehler dava dell’opera complessiva del drammaturgo tedesco.
Lo spettacolo tocca anche un tema molto attuale perché è dedicato ai profughi di tutte le ere. L’uomo è sempre stato profugo, c’è un filo conduttore che porta alle migrazioni di oggi?
Mi ha molto colpito la lettura di alcune testimonianze sui viaggi negli anni della guerra dei profughi che dalla Germania andavano in Nord Europa e negli Stati Uniti. Viaggiavano in condizioni assurde come i profughi di oggi, trasportati da barconi colmi all’inverosimile che salpavano da Lisbona. Niente di nuovo sotto il sole, anche Brecht e la sua famiglia sono stati vittime di persecuzioni. Forse bisogna pensare alla propria storia e capire che l’accoglienza è l’unica soluzione possibile.
Cosa possiamo dire del cast? Sul palco c’è anche Andrea Mirò che la maggior parte del pubblico conosce per le sue canzoni, ma che negli ultimi anni si è sempre più avvicinata al ruolo di attrice.
Andrea sta diventando un’attrice di grandissima sensibilità, è venuto a vederci suo marito il cantante Enrico Ruggeri e mi ha detto: “È diventata un’attrice vera”. Poi c’è Lucia Vasini con la quale collaboro da diversi anni, Francesca Gemma, Romina Mondello per la prima volta al Menotti, due attori che hanno già lavorato con noi come Marco Balbi e Paolo Bessegato. E poi c’è l’Artchipel Orchestra che è davvero straordinaria.
La stagione volge al termine, vogliamo fare un bilancio su quella del Teatro Menotti?
Il bilancio è assolutamente positivo. Abbiamo da poco presentato la nuova stagione che si aprirà proprio con “Un salto in cielo – Brechtsuite”, sono molto orgoglioso ed emozionato per aver presentato la nostra 48esima stagione e per il fatto che quello spazio una volta appartenuto all’Elfo in poco tempo sia entrato nel cuore dei milanesi come Teatro Menotti.
Ringraziamo Emilio Russo e ricordiamo l’appuntamento fino al 188 giugno con “Un salto in cielo – Brechtsuite” al Teatro Menotti.
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