Recensione: “Dittico della caduta”

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Dopo quindici anni di attività il Teatro della Caduta a Torino non dev’essere più una novità. Il Varietà della Caduta, che permette l’incontro tra musica teatro danza e arte di strada, e gli spettacoli della compagnia della Caduta con al centro l’idea dell’attore mattatore all’italiana, hanno vita ormai dal 2003 nel quartiere torinese Vanchiglia, dove il teatro è stato recuperato da una vecchia bottega e arredato con oggetti di recupero. Per chi però ancora non lo conosceva, il Dittico della Caduta ospitato dal Teatro Fontana di Milano è stato un sorprendente primo appuntamento.

I due spettacoli di Lorena Senestro, guidata dalla regia di Massimo Betti Merlin, danno voce a due famose figure femminili della letteratura: Emma Bovary, protagonista del romanzo di Flaubert, e la signorina Felicita, personaggio del poemetto di Guido Gozzano.

La Madama Bovary del primo spettacolo della Senestro lascia il contesto provinciale della Francia e prende ora vita nel paesaggio collinare del Piemonte. Il testo che restituisce la storia di colei che ha dato nome a un atteggiamento psicologico non è tanto una riscrittura e reinterpretazione del grande classico flaubertiano, ma assomiglia piuttosto a una tovaglia fatta di molte toppe variopinte. È infatti una composizione linguistica quella creata dalla Senestro, che ripesca sì dal famoso romanzo, ma anche dal dialetto piemontese e dalla tradizione popolare, da Guido Gozzano, da riferimenti contemporanei culturali, musicali e cinematografici: è forse proprio grazie a un nuovo linguaggio che Madama Bovary rivive una nuova vita. Sul palcoscenico completamente vuoto, sola di fronte al pubblico Lorena Senestro nell’abito bianco e giallo da principessina, con un’interpretazione emotivamente vulcanica, entra e esce dal personaggio rianimandone il suo dramma e la sua fatuità. Il rapporto che il pubblico crea con questa Madama Bovary non è né simpatetico né compassionevole: senza celare quel filo di sarcasmo e allo stesso tempo abbandonando ogni forma di giudizio, l’attrice scoperchia gli abissi tormentosi delle emozioni di Emma portandole all’estremo e, tra desiderio e passione, volgarità e naturalezza, disperazione e civetteria, ci lascia soli di fronte a un’intelligente performance.

Altra figura femminile interpretata dalla Senestro è la signorina Felicita, secondo capitolo del Dittico. Ripescata da uno dei racconti in versi di Guido Gozzano, nello spettacolo la signorina torinese parla in prima persona, raccontando d’amore e di ricordi. Con i capelli grigi Felicita trascorre gli anni in «ciò ch’è stato e non sarà più mai» e nella grande villa del ricordo il padre, la domestica, l’avvocato e poeta Gozzano – morto giovane di tubercolosi – e tutti i personaggi del paese, dal farmacista al notaio, riprendono vita nelle stanze della memoria della donna. Accompagnata dal pianoforte di Andrea Gattico (anche coprotagonista della pièce nel ruolo del padre), l’attrice della Caduta riscrive in chiave poetica e drammatica il poemetto di Gozzano, dando forma e voce nuova a ogni suo verso. Le luci accompagnano gli sbalzi del cuore della protagonista e gli oggetti della scena assumono proporzioni esagerate, come le sue memorie.

La signorina Felicita e Madama Bovary sono due spettacoli che sembrano stringere un patto con il tempo. Il Dittico della Caduta esprime infatti la parte di una riflessione più ampia su un modo diverso di vivere il teatro, che prima del che cosa riconsidera il come esprimere dei contenuti: un buon inizio per dare un senso al punto d’incontro tra Tradizione e Moderno.

Chiara Musati

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