Recensione: “ALDST. Al limite dello sputtanamento totale”

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Non un semplice monologo, ma un racconto di formazione. Può essere definito così ALDST acronimo del molto più prosaico Al Limite Dello Sputtanamento Totale. Viene definito come manifesto generazionale e sicuramente tanti millennials si saranno sicuramente ritrovati nelle parole dell’autrice e attrice Viola Marietti. Quel senso di incompletezza, quel continuo paragone con le vite degli altri viste piene di soddisfazioni a prescindere da quella che poi è la realtà. Persino il desiderio o la speranza di vedere un giorno arrivare qualcuno che prenda il nostro posto e si occupi di vivere quella parte di esistenza che, non a caso, viene indicata da una parola fortemente cacofonica come adultità.

La scenografia sul palco del Teatro Fontana è molto semplice, una sedia, una porta e soprattutto una fila di lucine che rendono l’ambientazione natalizia. Tre sorelle si ritrovano a casa dei genitori per le festività e il quadro che ne esce è a dir poco esilarante e al tempo stesso realistico nonostante l’inevitabile tocco parodistico offerto da Viola Marietti. Tocca a lei interpretare tutti i personaggi della sua storia e il risultato è ottimo. Dal padre amante della storia con il vizio di mettere in imbarazzo la figlia, alla madre sull’orlo di una crisi di nervi, dalla nonna affetta da demenza senile alle due sorelle, la maggiore che ha occhi solo per il cane e la minore che non rinuncia mai a sottolineare la sua “superiorità”. Non mancano poi amici, psicologi e amanti. Tante realtà che si intrecciano e nessuna di esse risulta banale, anzi verrebbe da chiedere uno spin off su ognuno di loro per conoscere meglio le loro storie.

L’attrice riesce fin da subito a conquistare la fiducia del pubblico che inizia a seguirla ad occhi chiusi nel suo mondo. Uno degli aspetti vincenti di questo spettacolo è il fatto che Viola Marietti non ha per nulla bisogno di cercare la battuta forzata per strappare la risata allo spettatore, tutto avviene nella più totale normalità.

Il testo sa essere a tratti poetico e a tratti comico. Non mancano momenti profondi in cui si toccano temi intimi, dalla sessualità alla spiritualità e i problemi che affliggono la generazione nata tra gli anni ‘80 e i ’90, il lavoro, l’invecchiamento dei genitori e la necessità di prendere in mano una vita che invece sembra scivolare via come un’anguilla. Il risultato è un monologo maturo e completo, curato in ogni dettaglio, anche nella regia insieme a Matteo Gatta, capace di affrontare argomenti che ci sono vicini senza però prendersi eccessivamente sul serio come racconta anche “Drogata schifosa” la canzone dei Pop X con cui Viola Marietti saluta un pubblico chiaramente soddisfatto.

Ivan Filannino

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