
Instabili? Forse. Vaganti di sicuro!
Quest’oggi vi vogliamo presentare una compagnia teatrale Instabili Vaganti duo artistico multidisciplinare fondato a Bologna nel 2004 da Anna Dora Dorno (regista performer e artista visiva) e Nicola Pianzola (performer e drammaturgo) che lavora a livello internazionale attraverso progetti di ricerca, formazione e sperimentazione, ma anche alla creazione di opere originali che spaziano dalle produzioni teatrali alle performance in site-specific, dalle installazioni artistiche alle creazioni video, in un’ottica di contaminazione artistica dei linguaggi contemporanei.
Siamo andati, virtualmente, in India dove attualmente si trovano per un loro nuovo progetto. Ma vi sentite più Instabili o più Vaganti?
Ci siamo sempre sentiti molto “Vaganti”, data la nostra caratteristica di lavorare più all’estero che in Italia e di realizzare progetti e tour mondiali viaggiando da un paese all’altro, compiendo lunghissime distanze, anche nel giro di pochi giorni. Dopo la pandemia, la nostra itineranza si è decisamente ridimensionata e forse l’elemento di Instabilità ha preso il sopravvento.
Instabilità intesa sempre come elemento cangiante, duttile, capace di prendere forme differenti. Durante la pandemia abbiamo lavorato molto nell’ambito della sperimentazione video creando un format tutto nostro: le web video performance. Si tratta di una serie di video, prodotti a distanza dialogando con artisti da differenti parti del mondo e incentrate su tematiche specifiche: le conseguenze del Covid, il potere salvifico delle arti, le celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante, etc. Infine anche la nostra instabilità per certi versi si è andata limitando, essendo stati riconosciuti, da quest’anno, dal Ministero della Cultura come impresa di produzione nell’ambito della sperimentazione.
Avete sempre lavorato in coppia? Se sì, qual è il tipo di alchimia che si è creata negli anni, se posso…
Abbiamo fondato la compagnia insieme nel 2004 e da allora abbiamo sempre lavorato insieme condividendo però la nostra ricerca con moltissimi altri artisti da ogni parte del mondo e instaurando diverse collaborazioni continuative.
Il nostro è un rapporto simbiotico ormai, sulla scena come anche nella vita, avendo condiviso esperienze così variegate, emozioni, a volte anche forti disillusioni, che creano una sintonia speciale sul palco e nella conduzione di tutti i nostri progetti. La nostra unione è anche la nostra forza, quello che ci spinge a non arrenderci mai anche di fronte alle difficoltà, com’è accaduto per esempio in questo lungo periodo di crisi del nostro settore. Insieme abbiamo deciso di spostare il nostro lavoro sulla creazione di video performance d’arte, abbiamo ideato un nuovo progetto Beyond Borders che ci ha permesso di continuare a lavorare con artisti da ogni parte del mondo e soprattutto di sostenere anche economicamente alcuni nostri colleghi in difficoltà, in India e Iran, per esempio, consentendo loro di continuare a lavorare e di superare momenti di sconforto.
Cerchiamo di conoscervi meglio. Ad esempio, Anna come presenteresti ai nostri lettori Nicola Pianzola?
Nicola è una persona dinamica, piena di energia, creatività e immaginazione, un attore instancabile, l’attore che tutti i registi vorrebbero avere, anche se a volte è troppo stacanovista e ostinato. Ma in fondo senza un po’ di ostinazione sarebbe stato quasi impossibile realizzare tutti i progetti internazionali in contesti a volte davvero complicati e talvolta anche rischiosi. Dimenticavo di dire infatti che lui non è solo un’artista ma anche un organizzatore perfetto, è lui che costruisce e organizza i nostri tour mondiali.
Nicola, come invece ci presenti Anna Dora Dorno…
Anna Dora ha una gran dote che è quella di saper far emergere dalle persone, e in particolare dagli attori, le loro doti migliori, i loro sentimenti e questo per me è l’aspetto più interessante del nostro lavoro insieme, mi ritengo fortunato di poter avere sempre la sua supervisione in quello che creo. Sicuramente è una persona determinata ed esigente, che sa quello che vuole, e per questo a volte non è facile lavorare con lei se non si ha la stessa determinazione e una grande passione e onestà.
La vostra è una compagnia indipendente. Rispetto a ieri, oggi dopo un periodo così difficile per la cultura come cambia o cambierà il vostro approccio con il teatro?
Questo periodo ci ha portato molto a riflettere sulla necessità del “Teatro” oggi, sul senso e l’impatto che può avere sulla società, soprattutto in un momento in cui poche cose sembrano avere davvero valore, rispetto alla salute. Il sistema teatrale italiano ha sempre avuto al suo interno forti problematiche, spesso è un sistema chiuso, fatto da pochi “addetti ai lavori” in cui il pubblico non sempre viene considerato come parte essenziale di quest’arte. Ci sarebbe piaciuto che da questa forte crisi fosse nato un cambiamento, qualcosa di diverso, di “puro”, di migliore, ma ci siamo accorti che nel macro contesto del paese e del nostro comparto in realtà forse ci è stato solo un peggioramento. Per quanto ci riguarda invece, nel nostro “micro” mondo abbiamo cercato di salvaguardare la nostra specificità, l’approccio internazionale e interculturale, contrariamente a tutte le difficoltà che la chiusura delle frontiere ci ha imposto. Questa perseveranza ci è anche stata anche riconosciuta dal Ministero della Cultura attraverso il Bando Boarding Pass Plus che abbiamo vinto con il progetto Beyond Borders, assieme a numerosi partner italiani (ATER Fondazione, L’arboreto e la Mama Umbria) e internazionali.
Infine siamo diventati un po’ meno instabili e indipendenti avendo ricevuto, dopo quasi venti anni di attività, finalmente anche il riconoscimento come compagnia di produzione da parte del MIC.
Uno spettacolo è fatto per intrattenere il pubblico; da cosa e verso cosa Instabili Vaganti vogliono spostare l’attenzione?
A noi piacere destabilizzare un po’ le certezze di chi viene a teatro, portarlo a riflettere e puntare il dito su alcune istanze politiche e sociali che ci hanno in qualche modo coinvolto da vicino, come per esempio il caso ILVA che trattiamo nel nostro spettacolo, ormai storico, MADE IN ILVA, o la questione dei “desaparecidos” messicani o ancora tematiche come la chiusura dei confini, appunto. Siamo conviti che il teatro sia un luogo privilegiato attraverso il quale arrivare ai cuori delle persone per stimolarne i sentimenti e quindi ci interessa parlare dell’essere umano e dei sui diritti essenziali per portare l’attenzione su problematiche universali che ci coinvolgono sempre, in un modo o nell’altro.
Nei vostri spettacoli che valore date alla parola? Visto che le immagini sono molto presenti (osservando i vostri video)
La parola è uno degli elementi che concorrono alla drammaturgia dei nostri spettacoli, assieme alle immagini, al movimento e alla musica. Siamo convinti che ognuno di questi elementi sia fondamentale ma non indispensabile e soprattutto che ogni progetto sia regolato da equilibri diversi tra le parti. La parola è anche musica, per esempio, che si può ascoltare con diverse sonorità, che sono poi le diverse lingue, spesso usiamo più lingue nella scrittura dei nostri testi. Il testo e la parola è per noi legato molto al corpo e al ricordo e quindi la sua creazione avviene sempre con una operazione legata alla memoria di esperienze vissute.
Com’è lavorare sia sulla scrittura che alla messa in scena a due?
Il nostro processo di lavoro in realtà ha dei ruoli ben definiti, Io mi occupo della regia e della messa in scena mentre Nicola è attore /creatore e spesso scrive i testi dello spettacolo. Il suo impulso creativo è un flusso continuo che io cerco di ordinare e far convogliare in una struttura che spesso controllo dall’interno della scena. Tra di noi c’è un continuo dare e ricevere che si traduce nella creazione scenica.
Quant’è difficile fare nuova drammaturgia in Italia?
Nei nostri ultimi lavori gran parte del testo è originale e scritto da noi, con inserti drammaturgia di diverso tipo, la nostra è una scrittura in azione, che nasce dall’azione e si sposa con essa.
I nostri testi sono spesso autobiografici anche se tendono a sottolineare problematiche universali, tuttavia non ci sentiamo inseriti nel contesto della “Nuova Drammaturgia” perché spesso questo appare un po’ stereotipato, legato essenzialmente al solo processo di scrittura e poco alla messa in scena. Non riusciamo ad immaginare un nostro lavoro disgiunto dalla sua messa in scena. Sinceramente non ci sentiamo di fare nuova drammaturgia ma semplicemente di creare dei lavori originali sia dal punto di vista del testo, che dell’azione, delle immagini e della musica.
Le vostre creazioni sono tradotte in più lingue, avete pensato: “basta molliamo tutto e ce ne andiamo via dall’Italia”?
Si lo pensiamo quasi tutti i giorni, ma poi qualcosa ci lega comunque a questo paese di artisti, spesso poco riconosciuti in patria, purtroppo.
Magari un giorno… non escludiamo di partire per stabilirci altrove, dato che il grosso limite dell’Italia è quello di non permettere agli artisti di avere una crescita proporzionale al livello professionale raggiunto. Da anni ci piacerebbe avere una “casa” un teatro in cui poter racchiudere la nostra ricerca, far nascere le nostre creazioni e ospitare realtà interessanti incontrate nei diversi paesi attraversati, tuttavia questo sembra essere un obiettivo sempre lontano, distante e ostacolato da diversi fattori, politici, in primis, economici, e se vogliamo anche di “categoria”. Nel nostro paese infatti devi rientrare in una precisa categoria, per cui se sei inquadrato in un contesto, e nel nostro caso siamo “quelli che sono sempre all’estero” non puoi fare anche altro, tipo dirigere un teatro.
Oggi il teatro non regala più popolarità, ma emozioni.
Per voi cos’è il teatro?
In questo periodo ci siamo posti molte domande sulla funzione del teatro e su cosa ci spinge a farlo, a praticarlo, e sinceramente siamo molto contenti di esserci interrogati in merito. Crediamo che il teatro debba avere una funzione importante nella società e di conseguenza non può rimanere immobile o immutato. Il teatro, e chi lo fa chiaramente, deve prendere una posizione rispetto ai cambiamenti in atto nella società, o quanto meno deve interrogarsi su questi cambiamenti. Noi personalmente, nel nostro piccolo, abbiamo chiesto al pubblico attraverso una campagna sui nostri social di accompagnarci in questa riflessione, di capire assieme a noi come il teatro può inserirsi in questa nuova era digitale che, già esisteva ovviamente, ma che la pandemia ha fatto esplodere. Abbiamo chiesto poi anche agli artisti del nostro progetto Beyond Borders di interrogarsi sulla funzione del teatro e ci siamo fatti accompagnare in questa riflessione anche da un filosofo e critico teatrale, Enrico Piergiacomi, per capire meglio come stava mutando il modo attorno a noi in così poco tempo. Da queste riflessioni è nato anche un manifesto condiviso in cui sono emerse parole importanti: processo, catarsi, politico. In fondo tutto quello che è all’origine del teatro stesso, che è parte fondamentale di esso e che spesso viene trascurato. Ci piacerebbe che il nostro teatro fosse “come un occhio puntato sul mondo”, come affermiamo nell’episodio dedicato al teatro della web serie SIE7E, una delle opere video che abbiamo creato durante i mesi di chiusura dei luoghi dello spettacolo e che soprattutto ci fossero tempi diversi dedicati alla ricerca e alla produzione.
Cosa ci dobbiamo aspettare prossimamente da Instabili Vaganti…
Il prossimo anno sarà dedicato al progetto Beyond Borders, in particolare alle sue tappe all’estero che prevedono scambi di lavoro, residenze artistiche e progetti di co-produzione internazionali. Grazie al finanziamento del Ministero della Cultura, attraverso il bando Boarding Pass Plus, potremo infatti riprendere a lavorare dal vivo, dopo tanta produzione in video, che comunque non abbandoneremo ma accompagnerà il nostro lavoro sia come parte integrante della drammaturgia video dei nostri spettacoli, sia come opere a se stanti.
Abbiamo debuttato da poco con il nuovo spettacolo “Lockdown Memory “al Festival Colpi di scena a Forlì, e dopo alcune tappe in Italia e un tour in Svezia, sarà in India dove svilupperemo anche una nuova produzione prodotta dall’Istituto Italiano di cultura di Mumbai, ispirata alla Divina Commedia. Un progetto ambizioso che porterà in scena tutto il lavoro fatto a distanza in quest’ultimo anno, attraverso la web serie VideoDante#India che prevede la collaborazione con la danzatrice classica indiana Anuradha Venkataraman, già parte di due nostri progetti internazionali: Raga of Memory e Beyond Borders. Lo spettacolo andrà in scena a Bangalore il 21 settembre, in live streaming al Tata Literature Festival e il 30 novembre e 1 dicembre in prima mondiale al Teatro Rangashankara. In India inoltre svilupperemo anche le prime tappe di Beyond Borders con alcuni dei partner stranieri del progetto: la prima si terrà a Bangalore attraverso una due giorni di scambio con Ahum Trust, mentre la seconda avrà luogo nella suggestiva e remota regione del Nagaland, durante il festival internazionale Hornbill, dove dirigeremo una masterclass e un momento di incontro e confronto con gli artisti locali, depositari di una tradizione culturale tribale ancora fortissima in quel territorio. Le fasi di lavoro in Nagaland saranno supportate anche dall’Istituto Italiano di cultura di New Delhi.
Finché in Teatro crescono talenti con una spiccata creatività come la compagna Instabili Vaganti, noi di MilanoTeatri siamo sicuri che il nostro teatro potrebbe godere di ottima salute. Per questo motivo NON auguriamo l’estero a Anna e Nicola, perché in Italia oggi come domani e per gli anni a venire abbiamo bisogno di artisti che sanno prendere una posizione rispetto ai cambiamenti; Instabili? Forse. Vaganti di sicuro!
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