Stand by me: intervista Lara Guidetti

lara guidetti
foto Lorenza Daverio

Sabato 11 marzo 2023 presso DanceHaus a Milano, debutta in prima assoluta la nuova produzione della Compagnia Sanpapié tratto dall’autobiografia del serial killer inglese Dennis Nilsen, scomparso nel 2018; Stand by me che svela con dovizia di dettagli i suoi 12 omicidi tra emozioni, ragioni e rigorose ritualità.

Per saperne di più abbiamo contattato Lara Guidetti, danzatrice e coreografa emiliana. Nel 2006 fonda la Compagnia Sanpapié di cui è direttrice artistica, coreografa ed interprete. Firma, per la compagnia, le coreografie di 20 opere e più di 40 performance presentate in tutta Europa ed in Cina. Nel 2017, il suo spettacolo Lei ha vinto il Premio Sonia Bonacina, dedicato alle donne di teatro.

Lara, chi era Dennis Nilsen?

Dennis Nilsen è una persona che, tra il 1978 e il 1983, uccide 12 giovani uomini con lo scopo di trattenere i loro corpi in una simulazione di vita domestica e familiare che, in quanto omosessuale, in quegli anni gli era negata dalla società. Una persona che abita una solitudine estrema in un contesto che nega la diversità, e cerca pertanto una risposta nella dissociazione emotiva, attraverso la pratica della cura e dell’amore nella loro dimensione rappresentativa ed estetica. Quando viene arrestato, a soli 35 anni, la sua storia non è dissimile da quella di tanti altri assassini seriali o “mostri” di cui la storia ha iniziato ad essere invasa, così come i media e le serie televisive: una persona come tante, con un lavoro e una vita sociale, che passa 9 anni nell’esercito, diventa poliziotto e poi si occupa di risorse umane, sinché un giorno qualcosa dentro di lui si rompe e lo spinge a varcare i confini di quel che definiamo umanità.

Dennis è una domanda aperta:

“perché si arriva a quel punto? perché ci si arriva senza essere visti?”

Come ti è venuta l’idea di realizzare uno spettacolo tratto dall’autobiografia di Dennis Nilsen?

Perché un giorno, mentre ero in auto e stavo guidando, ho ascoltato la sua storia in un podcast (Demoni Urbani) e mi ha profondamente commossa. Ho pensato una volta in più che la realtà supera la fantasia e certamente il teatro, e che quel legame con il corpo che si andava raccontando fosse, nella sua crudeltà e nel suo orrore, di una poesia infinita.

In scena i corpi e le voci di Sofia Casprini, Gioele Cosentino e Matteo Sacco; cosa vedremo l’11 marzo presso DanceHaus?

In scena solo i corpi dei danzatori, con indosso maschere integrali che hanno aperto una direzione di ricerca coreografica molto specifica ed esigente data la scarsa visibilità degli interpreti. Quel che vediamo sono le tre parti di una stessa persona: una mente scissa tra maschile e femminile, giovinezza e vecchiaia in un gioco di ruoli dove Nilsen, come egli stesso riporta con dovizia di dettagli nella sua autobiografia, è sempre allo stesso tempo attore, spettatore e regista delle azioni che compie. Lo spettacolo non si pone l’obiettivo di essere una narrazione degli eventi ma si colloca all’interno di “spazi”, resi dal lavoro sonoro di Marcello Gori, che intrecciano fatti, contesto sociale e storico in cui essi avvengono. Di fondamentale importanza la drammaturgia, a cura di Saverio Bari e Gianluca Bonzani, che poggia su principi cinematografici secondo la logica del montaggio.

Viviamo in un momento storico dove la violenza è la vera protagonista dei nostri giorni, perché dovremmo venire a vedere Stand by me?

La violenza che viviamo, seppur non giustificata né giustificabile, ha delle motivazioni da qualche parte, e credo sia importante tentare di comprendere le cause dei problemi oltre che prendere atto della loro esistenza. Stand by me non ha la pretesa di dare alcuna risposta ad un contenitore così ampio come quello della violenza ma, proprio perché ormai ci siamo abituati, vuole rimarcare la necessità di non dare per scontato quello che abbiamo accanto, invitare a guardare con occhi più attenti la banalità del quotidiano e a relazionarsi in maniera più concreta e autentica con gli esseri umani che abbiamo intorno. Detto ciò, abbiamo cercato nel lavoro anche quella leggerezza e quell’ironia che sempre riescono a sopravvivere, anche accanto all’orrore.

Con Stand by me, cosa vorresti lasciare allo spettatore a fine serata?

La possibilità di aver scelto da solo e nel rispetto della propria sensibilità come giudicare la storia a cui ha assistito, insieme alla voglia di poter vivere liberamente la propria unicità senza lo spettro delle definizioni. Mi piacerebbe che il giorno seguente guardasse un vicino di casa o un passante con maggior disponibilità.

Ti faccio una domanda alla quale credo tu ti sia già data una risposta.

Un’unica data di Stand by me, lo spettatore tipo a fine serata esce galvanizzato dallo spettacolo e con la voglia di comunicare a tutti di andare a vedere Stand by me… ma ops… è una sola data!

La mia domanda è: perché la danza non ha una programmazione in teatro? Perché sempre e solo una data?

È una domanda da un milione di dollari che non credo di poter esaurire in poche righe, soprattutto perché il problema della programmazione danza nel sistema culturale italiano ha origini più antiche della mia nascita. È assolutamente reale la mancanza di interlocutori, così come lo sbilanciamento tra prosa e danza, che genera enormi difficoltà di distribuzione in assenza di spazi di programmazione nelle stagioni e visioni programmatiche di sviluppo. Sanpapié è rientrata nel finanziamento pubblico da un solo anno e siamo quasi sempre stati una compagnia indipendente ed auto-sostenuta, perciò avere una sola replica al debutto di uno spettacolo non è per noi, così come per tante altre realtà, una cosa strana. Non abbiamo alle spalle teatri stabili, circuiti o enti perciò prendiamo ogni debutto come un inizio, un’occasione per presentare un nuovo passo nella nostra ricerca e condividere un percorso con chi lo sentirà affine e in linea con il proprio lavoro o con la propria sensibilità. Crediamo negli incontri e ci esponiamo alla “meritocrazia”: se lo spettatore volesse consigliare lo spettacolo a qualcuno risponderemo facendo del nostro meglio per farlo accadere al più presto perché, di fatto, è l’unica cosa onesta che possiamo davvero assicurare. Ci siamo sempre concessi il lusso di portare avanti la nostra ricerca artistica con progetti molti diversi tra loro e difficilmente inseribili in una logica di mercato commerciale perciò ci rivolgiamo agli spettatori che con il loro sostegno, e seguendoci, ci danno la forza di cui abbiamo bisogno per proseguire. Il mercato della danza è un contesto deprimente ma se ci fermassimo a questo, smetteremmo di fare spettacoli.

Ti va di dare l’appuntamento ai nostri lettori…

Certamente!

Quello che accade in una sala prove non è che la metà di un lavoro, il resto si realizza solo con la presenza del pubblico e vi aspettiamo per portare questo viaggio in porto.

Ci trovate al Festival Exister presso Dancehaus, via Tertulliano 70, Milano sabato 11 marzo, in due fasce orarie: 18 e 21.

Se dopo lo spettacolo voleste fermarvi per domande, confronti e osservazioni, siete i benvenuti!

E noi ci saremo perché è importate stare vicino e sostenere la danza contemporanea italiana.

STAND BY ME
sabato 11 marzo ore 18.00 e ore 21.00 | DanceHaus

Compagnia Sanpapié
regia Lara Guidetti
in scena i corpi e le voci di Sofia Casprini, Gioele Cosentino e Matteo Sacco

sinossi

una storia di amore e morte in cui sfilano archetipi antichi e stereotipi reiterati sino a diventare maschere grottesche.

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