Recensione: “Soffiavento”

soffiavento
foto Simone Galli

Al Teatro Fontana di Milano, dal 9 al 13 di marzo, è andato in scena lo spettacolo “Soffiavento. Una navigazione solitaria con rotta su Macbeth” di Paolo Mazzarelli.

Con lo pseudonimo Pippo Soffiavento, l’attore porta in scena tutto il suo percorso teatrale, contraendolo all’interno di una “non storia” per parlare di una crisi molto contemporanea. L’incipit parte da un attore immaginario che, dopo aver avuto un periodo di successo e soddisfazioni, si ritrova a perdere tutto di colpo. Durante la lavorazione di uno spettacolo sul Macbeth, infatti, arriva il covid e tutto si ferma. Tutto tranne il desiderio dell’artista di continuare a lavorare. Il suo non volersi fermare. Così lo studio del testo e del personaggio diventa lo specchio dell’interprete che lo doveva rappresentare. I demoni del Re si fondono con quelli dell’artista alle prese con una introspezione che lo costringe a scavare più in profondità di quello che vorrebbe. Tanto da finire a dialogare con un analista per cercare di trovare un senso e per non perdersi nel labirinto dei suoi pensieri.

L’attore fermo, senza un pubblico sembra non avere più uno scopo. Il bisogno di riconoscibilità si infrange davanti al muro della quarta parete che ora separa completamente l’artista dal suo pubblico. E come può non perdersi cercando un nuovo significato alla propria esistenza?

La memoria di esperienze uniche e grandiose come può accettare il nulla o il poco che di colpo si trova davanti? Ma soprattutto, come può accettare di essere di colpo dimenticato da una società intera che, nell’arte, vede un suppellettile e nell’artista una effimera figura non necessaria? Un re senza un regno, un artista senza più un pubblico che voglia o lo sappia ascoltare. E intanto fuori il mondo avanza e si perde nella nuova emergenza. La memoria gridata dagli artisti si perde nello scroscio del vento e del mare in tempesta. E l’attore, legato all’albero della nave come Turner fece per scorgerne i colori, cerca di resistere e di difendersi urlando contro al destino “Soffia vento! Vieni, naufragio!”.

La Scena di questo spettacolo è pesata e misurata in ogni suo elemento, si sente l’eco dell’esperienza dell’attore con Eimuntas Nekrosius e Pippo Delbono. La cura estetica e formale non dimentica niente e a tutto da un significato. Questo spettacolo vuole un pubblico colto, le citazioni sono figlie di una ricerca approfondita e non molto immediata, che può spiazzare. In alcuni momenti si avverte la sensazione di assistere ad uno studio non ancora arrivato ad una soluzione definitiva e che forse non vorrà mai raggiungerla. A volte nella sua introspezione rischia di perdere la connessione con il pubblico, come se la crisi del suo personaggio nell’aver perso le parole sia anche quella dell’attore nel ritrovare un pubblico a cui voler parlare.

Michele Ciardulli

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