Recensione: “Mater Dei”

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È andato in scena presso il Teatro I di Milano dal 16 al 21 gennaio Mater Dei, primo studio della compagna Piccola Magnolia sull’omonimo testo inedito di Massimo Sgorbani, con Davide Giglio e Giorgia Cerruti che cura anche la regia, spazio e costumi.

Il pubblico entra al buio in una sala fumosa, dove si scorge una sedia, un trono forse, posto al centro di una pozza piena d’acqua al cui vaga distrattamente un uomo nudo. Improvvisamente fa il suo ingresso una donna imponente, affascinante ed inquietante, la Madre, che, nascosta dietro un paio di grandi occhiali neri, rivela la propria storia: lei, che prima di allora non l’avrebbe mai detto, racconta di essere stata scelta per il “fatto divino” ovvero, è stata violentata e ingravidata da un dio terribile e superbo. Un fatto disperatamente straordinario che capita in circostanze ancora più straordinarie, dal quale nascono quattordici figli. I primi tredici hanno ereditato la divinità e la potenza del padre mentre il quattordicesimo è diverso, debole e umano, un non dio, la cui fragilità porta la madre a nasconderlo dagli occhi del mondo.

L’interpretazione di Giorgia Cerruti è in bilico tra l’amore e l’odio per il figlio, debole e da proteggere e allo stesso tempo frutto di una violenza: lo ama, lo rifiuta, lo protegge e gli impedisce di chiamarla “mamma”. Un amore talmente distorto che porta la donna compiere atti indicibili, arrivando a offrirsi al figlio per soddisfarne gli istinti. La rappresentazione prosegue in un continuo modificarsi dell’intensità delle scene, sostenuto dal sapiente utilizzo della voce e della parola dell’attrice protagonista, accompagnata da un efficace disegno di luci e suoni. Lo spettacolo, così crudo e angosciante, è l’espressione del dolore e confusione di quelle donne che si ritrovano a essere madri contro la loro volontà, in una continua oscillazione tra l’istinto materno e la rabbia per la violenza subita che si riflette nello sguardo dei propri figli.

Lo spettatore perciò viene fatto immergere in uno scenario dalle atmosfere cupe e tormentate, da cui è impossibile staccarsi. Giorgia Cerruti è magnetica ed inquietante allo stesso tempo, si potrebbe addirittura definire come bestiale, fuori dal tempo e dallo spazio, proprio come se ci si trovasse di fronte ad un archetipo, all’incarnazione del mito. Si potrebbe dire che questo spettacolo ha del sublime, scava nel profondo, proprio perché è li che vuole colpire, andando oltre la razionalità: durante la rappresentazione il linguaggio si distorce, diventa violento e si sporca di terra, proprio perché è da lì che proviene. Si tratta di un linguaggio difficile da accogliere, il quale, tuttavia, risulta essere illogicamente (per lo spettatore ovviamente) perfetto ed adatto al contesto narrativo.

In conclusione, tale spettacolo risulta essere un’esperienza visiva ed uditiva fuori dal comune, al cui termine lascia un senso di ansia e confusione come se ci fosse trovati nel mezzo di una tempesta. Si può affermare che un testo come Mater Dei non lascia per nulla indifferenti, a tal punto che alcune frasi e immagini viste a teatro, rieccheggiano nella mente anche diversi giorni dopo la visione.
La bravura degli attori merita tutti i complimenti che sono stati loro fatti a fine spettacolo nel foyer del teatro, perché sono stati in grado di tenere il pubblico con il fiato sospeso per tutta la durata dello spettacolo.

Francesca Parravicini

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