Dal 15 al 19 Febbraio, è andato in scena La biblioteca umana dello spettatore, nato e cresciuto con e per il Teatro Franco Parenti di Milano. Un’idea della compagnia Domesticalchimia firmata da Ruggero Franceschini, Francesca Merli, Laura Serena e Riccardo Tabilio.
Questo gruppo di artisti non è nuovo nella creazione di progetti molto particolari che ricercano un nuovo contatto con il pubblico e nel modo di intendere il rapporto Teatro/Società.
In questo caso lo spettacolo è letteralmente cucito sulla storia del Teatro Franco Parenti. Molto spesso si tende a dare per scontato quanta fatica e quanta storia possa passare fuori e dentro un edificio, ancor più se un teatro, che vediamo li da sempre. È difficile immaginare cosa poteva voler dire entrare in una vecchia fabbrica e saper vedere un possibile futuro come teatro. Cosa poteva voler dire immaginarne gli spazi, il primo palco, le prime quinte, le luci e soprattutto… i primi spettatori. E quale miglior modo di osservare la storia vera, quella vissuta dall’esperienza umana più profonda, che ha attraversato e nutrito l’evoluzione del Teatro, se non attraverso gli occhi dei suoi storici spettatori? Le persone che sono cresciute insieme al luogo stesso. E così, grazie ad un accurato lavoro di ricerca della compagnia, sono stati intervistati i rappresentanti della grande età, dai 65 anni, per raccogliere la memoria del passato e del presente. Sono stati anche interpellati giovani dai 18 ai 25 anni per capire come percepiscono il teatro oggi e soprattutto quello del futuro. La domanda che è nata spontanea è se il teatro è mai stato e mai sarà veramente un luogo del “noi”. Difficile dare una risposta. Oggi soprattutto. Quello che è certo è che il Teatro non è un luogo indifferente. Non solo per i grandi artisti che lo hanno attraversato, ma per le esperienze condivise che ha generato attraverso il costante lavoro di custode delle narrazioni, a più voci, di grandi e piccole storie. E ancora, dei racconti, che gli spettatori portano con sé.
Dopo tanta ricerca, la resa finale dello spettacolo si dirama per gli spazi del teatro. Ogni luogo si lega, assieme ad una storia individuale, alla grande storia. Si parte dagli anni Settanta, dal sogno di un nuovo mondo lontano dalla povertà. Anni difficili ed intensi, fatti di grandi spinte creative e ideali, quanto a cadute violente e terribili.
Il viaggio nel tempo continua fino alla spensieratezza degli anni Ottanta. Il desiderio di dimenticare e al divertimento puro. Il tempo degli eccessi, dell’edonismo e del viver bene. Il tempo del conflitto generazionale più duro, quello che sottobanco vedeva perdersi una generazione distrutta dal dilagare della tossicodipendenza. L’illusione degli anni Ottanta frana insieme al muro di Berlino portando agli anni Novanta, quello dei grandi maestri, del tentativo di voler rimanere attaccati ad un tempo d’oro per la creatività, ideali e l’arte, che sembra essersi arenato in formalismi senz’anima. Ma il desiderio non può rimanere celato, ha bisogno di aria e il tempo contemporaneo torna all’origine, all’essere umano, a voler toccare l’invisibile. Quel contatto che rende l’esperienza di un singolo, memoria universale.
Grazie agli interpreti spettatori, che si sono aperti e messi in gioco con tutto loro stessi: Carlo Belgir, Monica Villa, Gennaro Sanarica, Sandra Scurani, Claudio Giombi. Guidati e protetti sapientemente dagli artisti della compagnia.
Michele Ciardulli
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