Al Teatro Menotti di Milano, dal 10 al 15 gennaio, va in scena lo spettacolo Hokuspokus della compagnia Familie Floz. Con sede a Berlino e, ormai applaudita in più di 43 Paesi nel mondo, tornano in Italia con il loro codice narrativo nato dal teatro di figura. Il loro mezzo espressivo riesce ad essere pienamente contemporaneo: di grande potenza nelle tematiche e nella messa in scena.
In Hokuspokus rompono il loro schema e mettono in scena creatore e personaggio, realtà e bugia. Prendono spunto dalla Genesi per portare sul palco la prima coppia. Partono dal giardino dell’Eden per arrivare ad un appartamento di periferia. Li vediamo vivere, costruire una famiglia, affrontare tutte le peripezie della vita e giungere alla fine del loro viaggio.
Durante il percorso, sul palco, vediamo tutto. Come fossero il marionettista che spunta con il busto dal tetto del suo teatrino di strada. Vediamo il creatore tirare i fili e dare voce (musicalmente) ai suoi personaggi. Il gioco però non è una trovata scenica, è pienamente integrato con il senso della storia che stanno rappresentando. Riescono a comunicare tutte le domande che appartengono alla nostra vita: sul destino, sull’avere o meno veramente una possibilità di scelta. E se l’uomo, come l’attore, non interpretasse che un ruolo? Una parte che ogni sera si esaurisce per vivere nuovamente la sera successiva grazie alla maschera del suo personaggio? Sono molte le domande che scatenano.
La vita dei personaggi sembra accadere e basta. Mettono e tolgono la maschera, gli attori e il personaggio vivono intrecciando il proprio destino. Tutto succede senza eccessiva risonanza, quasi respingendo ogni possibile sottolineatura o abuso di questo o quel momento drammatico. È la vita, come accade al personaggio, arriverà il momento di togliere la maschera e poi, chissà, di incominciare un nuovo spettacolo.
Michele Ciardulli
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