Recensione: “Boccascena”

boccascena
Foto Paolo Porto

A Campo Teatrale fino a domenica 13 marzo è possibile vedere Boccascena. Uno spettacolo di Antonio Attisani e César Brie scritto durante il lockdown imposto dalla pandemia, da un confronto a distanza tra un anziano professore e un attore della stessa generazione.

Due uomini di teatro si incontrano per caso dopo tanto tempo, in un altrove che sembra un palcoscenico, uno spazio spoglio ed essenziale dove gli elementi vengono portati in scena e rimossi a vista dagli stessi attori, con l’aiuto di un servo di scena; una figura quasi invisibile, forse un regista o forse il fato, che li conduce attraverso i ricordi di un eterno passato.

Il viaggio porta i due, che si identificano nel gatto e nella volpe, ormai in disgrazia alla fine dell’opera di Collodi, a ripercorrere i ricordi della loro carriera e a fare i conti con loro stessi attraverso opere, scuole, maestri, colleghi, amori, colpe e malattie.

I due protagonisti, battibeccano e si divincolano attraverso un percorso segnato dal servo di scena, Giulia Bertasi, che ritma lo spettacolo con la sua fisarmonica e i cambi di direzione, portando i protagonisti a scoprire un legame che li ha accompagnati, inconsciamente, lungo tutto il corso della loro vita.

L’esercizio della sincerità diviene l’ultima recita dei due interpreti. La presa di coscienza dell’età che avanza, delle difficoltà della vita che arrivano con il passare degli anni, portano l’anziana coppia a voler giustiziare quel Pinocchio diventato il “bravo bambino” che ha invece vinto. Un collegamento non immediato e che può apparire slegato dalla scena, ma di grande impatto emotivo, in uno spettacolo che scorre con ritmo ed energia fino all’epilogo di uno sconsolato matrimonio artistico.

Enea Montini

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