Recensione: “Bedbound”

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Dal 26 al 30 settembre è andata in scena al teatro Out Off di Milano la rassegna Nuovi Incroci, in cui hanno preso parte tre spettacoli basati su testi di autori contemporanei stranieri, messi in scena dai giovani allievi del corso di regia dell’accademia teatrale milanese Paolo Grassi.
Nell’arco delle tre serate, gli allievi Valeria Fornoni, Daniele Menghini e Margherita Scalise si sono avvalsi della collaborazione di attori professionisti come Giovanni Franzoni, Woody Neri, Valentina Picello, Edoardo Sorgente, Alice Spisa, Francesco Villano e hanno condotto la regia di tre difficili testi del panorama contemporaneo europeo, come Bed Bound di Enda Walsh, Alla Luce di Marius von Mayenburg e At Home with Claude di René Daniel Dubois.

Coincidenza o no? Tutti e tre gli studenti, per i loro spettacoli d’esordio, hanno accuratamente scelto dei testi che comprendono solo due attori in scena e che si svolgono in ambienti generalmente statici e semplici da rappresentare. Ragionamento piuttosto condivisibile, dato che tale soluzione ha permesso ai giovani registi di concentrare le loro energie su un numero contenuto di elementi e gli ha conferito sicuramente l’opportunità di dominare con maggior padronanza la scena.

In particolare, il lavoro di Margherita Scalise con Bed Bound di Enda Walsh è stato fortemente ed interamente giocato sulla contrapposizione di una figura statica, quella del personaggio di una figlia depressa impersonata da Alice Spisa, con un individuo estremamente dinamico, che è il padre, interpretato da Woody Neri. Mentre lui è continuamente in movimento, sottolineando con delle scelte registiche molto ilari e con dei movimenti macchinosi la sua indole di uomo d’affari costantemente di corsa, la staticità della figlia è accentuata a tal punto che lei per quasi tre quarti dello spettacolo non si muove e giace in un letto illuminato, posto in verticale al centro del palco. Trovata molto d’impatto, soprattutto a livello visivo, più che contenutistico, e mossa estremamente audace, oltre che complessa da sostenere: la Scalise si pone continuamente sfide e con questa regia mostra da subito che ha in mente grandi cose.

Senz’altro, la scelta di un testo così difficile è stata un’arma a doppio taglio: da un lato, Bed Bound ci ha regalato una vista dallo spioncino all’interno di una famiglia colta dal disagio della contrapposizione di due membri che non si capiscono e che a causa delle loro incomprensioni si allontanano sempre di più, fino quasi ad annullarsi a vicenda, dall’altro, però, probabilmente la drammaturgia dell’irlandese Walsh richiede una maturità registica che la Scalise ancora non possiede del tutto, ma a cui potrà certamente ovviare con l’esperienza.

Dubbia la scelta degli attori: nonostante la Spisa sia stata piuttosto convincente nel trasmetterci una sensazione di angoscia costante, l’approccio di Neri non ha colpito ugualmente il pubblico, distanziandosi leggermente dall’aura grottesca e quasi surreale che aleggiava sull’intero palco.
Si osserva comunque che la Scalise ha coinvolto ampliamente il pubblico, invogliandolo a rintanarsi sotto quel gigantesco piumone che ricopriva il palco, così da non pensare, per un momento, alla propria vita e rannicchiarsi nel letto, come fa la Spisa, mentre le cose scorrono, in movimento come il padre, fino a stancarsi e, a loro volta, fermarsi.
Un bell’esordio per una giovane regista che ha ancora tanti assi nella manica.
Non ci resta che attendere la sua prossima mossa!

Jasmine Turani

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