Recensione: “Aquile randagie”

aquile randagie
foto Laila Pozzo

Dopo “Hermada” Alex Cendron porta al teatro della COOPERATIVA ancora un po’ di Storia. Anche questa volta lo fa percorrendo un sentiero narrativo fuori dai canoni. Se in “Hermada” il racconto dei combattimenti che per tutto l’arco della prima guerra mondiale ha devastato il Carso veniva fatto da due montagne, con “Aquile Randagie” sarà un scout a raccontarci diciassette anni di uno spicchio di Storia d’Italia attraverso gli eventi che coinvolgono una manciata di giovani appartenenti all’“ASCI” (Associazione scautistica cattolica italiana). Questi diciassette anni sono conosciuti nel mondo Scout come “Giungla Silente” e rappresentano il periodo durante il quale col decreto n. 696 (firmato dal capo del Governo Mussolini e dal re) il fascismo imponeva lo scioglimento di tutte la associazioni scout…non proprio diciassette anni. Per l’esattezza 16 anni 11 mesi e 5 giorni; si tratta di storia e nella storia le date come i nomi e luoghi sono importanti.

Cenderon ripercorre i tempi della “Giungla Silente” così come sono stati vissuti dai giovani scout ribelli (le “Aquile Randagie” appunto) con l’ausilio di una scenografia multimediale che di volta in volta diventa complemento visivo alla memoria del racconto quasi un cinegiornale LUCE, fuoco di fronte ad una tenda, una recinzione oppure un ologramma evocativo di altri protagonisti della storia. Il racconto segue un percorso più basato sul ricordo di un testimone che sulla successione cronologica degli eventi.

Le date, i luoghi e i nomi sono i cardini dei fatti; una per tutte.

Milano: 22 aprile 1928. A seguito delle “leggi fasciatissime”, 26 delle 27 bandiere (fiamme) dei reparti di scout lombardi vengono affidate al cardinale Tosi. Un atto simbolico. Le bandiere sono consegnate alle autorità ecclesiastiche (e quindi a Dio) e non a quelle fasciste.

Ma una bandiera non vien consegnata. E’ la fiamma del reparto   “Milano 2” con a capo Cesare Uccellini (Kelly).

Infatti, più o meno nello stesso momento, nella cripta della chiesa di San Sepolcro a Milano alcuni scout capitanati da Kelly si riunisco intenzionati a continuare le attività scoutistiche e a resistere (in quella che appare una lotta impari) un minuto in più del fascismo.

Nel gruppo degli scout da subito si distinguono per preparazione e determinazione Uccellini (Kelly) , i fratelli Ghetti: Andrea (Baden) e Vittorio (Cicca), e, anche se più avanti, Bertoletti (Tulin de l’oli) nomi che nel proseguo del racconto ci diventeranno famigliari.

La fermezza dei ragazzi nel mantenere fede alla Promessa Scout e nel non volere omologarsi in alcun modo al fascismo, li aiuta a superare botte (tra gli altri Uccellini nel 42 subisce una aggressione che gli lascerà danni permanenti) e ostracismi. Per tutta la durata della “Giungla Silente” le Aquile non solo organizzano campi di allenamento alle Groane, campi estivi e campi invernali tra Canzo e Val Codera, ma stampano pure un bollettino di reparto “Estote Parati” .

Kelly capisce il gruppo deve anche evolversi oltre che conservarsi. Deve, cioè, seguire il progredire del movimento scautistico mondiale. Facendo letteralmente carte false riesce a partecipare, insieme ad altre aquile, ai Jamboree (incontri scautistici) mondiali di Ungheria e Paesi Bassi. A quest’ultimo nel 1937 incontra anche Baden-Powell il fondatore del movimento scout.

Powell affiderà a Uccellini il compito di preservare i valori dello scautismo italiano e rifondare il movimento all’arrivo ti tempi migliori.

I valori dello scautismo non potevano certe mantenere neutrali le Aquile nel periodo della repubblica di Salo’. Nel 1943 Kelly, Baden, altri giovani appartenenti alla formazioni partigiane cattoliche e membri del clero fondarono O.S.C.A.R: Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati.

L’obbiettivo era nell’acronimo: Assistere i ricercati dai nazi fascisti. Renitenti alla leva, Ebrei, oppositori del regime o chi con il regime non era più schierato (come Indro Montanelli) vennero fatti espatriare in Svizzera attraverso i sentieri che gli scout conoscono bene; oltre 2000 persone in meno di due anni.

Cenderon racconta una delle azioni che vide O.S.C.A.R protagonista: la liberazione del piccolo Gabriele Balcone di 4 anni. La famiglia Balcone (padre “ariano” ma mamma ebrea) viene arrestata mentre tentava di raggiungere la Svizzera. Grazie alle suore del convento presso il quale era custodito il bimbo, e alla complicità di un medico il piccolo Gabriele venne ricoverato per una finta appendicite in un ospedale a Varese e da lì sottratto alla autorità fascista con un colpo di mano dagli uomini di O.S.C.A.R. tra i quali Uccellini.

Un’ora e mezza (volata) di storie e persone durante la quale Cendron non perde né il ritmo del narrare né l’attenzione del pubblico.

Uno spettacolo solido frutto di una evidente ricerca storica con una chiara definizione dei personaggi e delle spinte etico-religiose che guidarono le loro azioni. Manca, a proposito delle spinte etico- religiose, un accenno alle attività di O.S.C.A.R. dopo la fine del regime fascista. Per alcuni mesi a partire dall’aprile 1945. OSCAR si adoperò a proteggere ricercati e perseguitati; anche se ora si tratta dell’ SS-Standartenführer Dollmann (ritenuto tra i responsabili della strage delle fosse ardeatine) o l‘SS-Obergruppenfuhre Karl Wolff (processato e condannato a 15 anni per come criminale di guerra). Un non facile elemento di contrasto altamente divisivo che avrebbe, però, contribuito ad una ancora più precisa caratterizzazione dei protagonisti di queste vicende.

Da vedere al Cooperativa fino al 19 dicembre.

Roberto De Marchi

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