
Giovedì 8 maggio ha debuttato, in prima nazionale, l’ultima regia di Marco Bonadei al Teatro Elfo/Puccini di Milano (resterà in cartellone fino al 30 maggio 2025) lo spettacolo Io sono il vento, in scena assieme a Bonadei l’amico di The history boys, Angelo Di Genio.
Scritto dal Premio Nobel 2023 (“per le opere teatrali e i romanzi innovativi che hanno dato voce all’indicibile”) Jon Fosse, uno degli autori più celebrati e amati degli ultimi anni. Le sue opere teatrali sono fra le più famose portate in scena. Negli anni, infatti, è stato designato come l’erede di Ibsen e Beckett, restando uno dei drammaturghi più rappresentati.
A sette anni, Jon Fosse, ha avuto un incidente gravissimo che lo ha avvicina all’idea della morte, un pensiero centrale nella sua produzione e che caratterizzerà la sua scrittura in età adulta, egli stesso dichiarerà:
“So cosa ho visto quando avevo sette anni.
Ho visto qualcosa;
ed è quel qualcosa che voglio mostrare nelle mie opere teatrali”
Marco Bonadei invece ci mostrerà un ambiente immersivo dominato da una grande vasca d’acqua bianca e da una fitta pioggia di microfoni neri, unici e potenti elementi scenici. Che sia il Lete, un limbo o il fondo dell’oceano, è qui che i due interpreti accompagnano lo spettatore per un viaggio onirico, una traversata verso l’infinito; un vero e proprio concerto di voci e suoni.
Se, come me, non siete ancora andati a vedere Io sono il vento ho contattato Marco Bonadei, giusto per stuzzicare la mia/nostra fantasia. Ad esempio chi sono i due uomini che vedremo nella Sala Bausch del Teatro Elfo/Puccini fino al 30 maggio 2025?
Non lo sappiamo. Chi sono l’Uno e l’Altro non c’è dato sapere. Forse sono due amici, due amanti, o forse la stessa persona? L’unica cosa che sappiamo è che i due uomini, erano in barca, e che uno si è buttato in acqua ed è morto. Non sappiamo nemmeno il perché. Possiamo identificarli come immagini riflesse di esseri umani, immersi in una sorta di limbo, che discutono e rivivono in un loop temporale (e metateatrale) il trauma della morte, dell’abbandono dell’identità.
Come capita spesso con Jon Fosse, ciò che viene detto è meno importante di ciò che non è detto.
Nella tua versione quanto sono importanti i silenzi (che a teatro sono difficili da gestire a differenza del cinema)?
Sono importantissimi, il testo è scritto come una partitura musicale, e noi siamo stati molto fedeli nella fase di studio e di preparazione dello spettacolo. Per Fosse la parola è come una fenditura nel silenzio. Il vuoto è il protagonista di questo spettacolo. Un vuoto che si riempie di significato quando la parola mostra i suoi limiti e non può spingersi oltre. Allora è quel silenzio che vive e risuona dei pensieri dello spettatore.
E il linguaggio del corpo?
(leggo che c’è una drammaturgia del corpo di Chiara Ameglio)
Abbiamo lavorato a stretto contatto con Chiara Ameglio, coreografa e performer, interrogandoci su che cosa sia il vuoto nel corpo, abbiamo affrontato il concetto di tempo dilatandolo, nella dinamica e nella ripetizione del gesto. È stata una collaborazione collaudata (siamo al quarto progetto insieme) che ha dato un fondamentale apporto alla regia. Poi è arrivata l’interazione con l’acqua, elemento centrale dello spettacolo, e con la grande quantità di microfoni che la scena comprende sia sopra che sotto la superficie dell’acqua, che contribuiscono a rendere lo spazio scenico interattivo, una scatola magica dove il corpo può “parlare”.
Cosa ti piacerebbe ci portassimo a casa dopo aver visto Io sono il vento?
Ognuno la propria personale esperienza, la sensazione di essere stati parte fondante e fondamentale dello spettacolo, con la propria immaginazione i propri pensieri, e le proprie emozioni.
Concludendo, cosa ti piacerebbe leggere in una recensione dello spettacolo Io sono il vento e cosa invece ti darebbe più fastidio?
Vorrei leggere che lo spettacolo restituisce un pensiero filosofico sull’uomo senza formalizzarlo logicamente attraverso la parola o una narrazione lineare ed esplicativa, ma individuando chiavi di accesso per lo spettatore disponibile e disposto ad andare in profondità dentro se stesso.
L’unico modo per andare in profondità con noi stessi è di andare a teatro, quello dell’Elfo/Puccini.
Io sono il vento, un viaggio notturno verso l’Ignoto, un periplo verso il limite di tutte le cose, un viaggio verso l’infinito, tra gli spruzzi d’acqua e la nebbia, misterioso e ammaliante. Come spesso capita con Jon Fosse, non sappiamo nulla dei protagonisti, importa solo ciò che stanno vivendo sotto i nostri occhi.
Teatro Elfo/Puccini – Sala Bausch
8 / 30 maggio 2025
Io sono il vento
di Jon Fosse
regia Marco Bonadei
con Angelo Di Genio e Marco Bonadei
traduzione Vanda Monaco Westerståhl
collaborazione alla regia Alessandro Frigerio
drammaturgia del corpo Chiara Ameglio
luci Michele Ceglia
dispositivo sonoro Gianfranco Turco e Leonardo Bonetti
ideazione scene Marco Bonadei ed Elena Rossi
costumi Elena Rossi
realizzazione costumi Elena Rossi e Andrea Merisio (tirocinante)
costruzione scene Tommaso Serra e Tommaso Frigerio
foto e video di Marcella Foccardi
produzione Teatro dell’Elfo
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