“I me ciamava per nome: 44.787”: intervista a Renato Sarti

ciamava

Torna in scena Renato Sarti, direttore artistico del Teatro della Cooperativa con uno spettacolo cult I me ciamava per nome: 44.787 dal 23 al 28 gennaio 2024.

Attore e regista ha fatto della memoria storica, e del dovere di questa memoria, la cifra peculiare del suo teatro e della sua arte, ma questo per chi è ormai avvezzo leggere le mie interviste già lo saprà!

Quindi potevo perdere l’occasione di sentire l’amico Renato Sarti per saperne qualcosa in più sullo spettacolo I me ciamava per nome: 44.787?

Renato so che sei super impegnato con le prove di questo e altri spettacoli che io chiaramente evidenzierò. Per chi non lo sapesse, ma soprattutto per rinfrescare la memoria, che cos’è la Risiera di San Sabba?

La Risiera è stato l’unico lager nazista situato in territorio italiano con forno crematorio (dalle 2.000 alle 5.000 le vittime); uno dei pochi – se non unico – situato all’interno di una città (in una zona popolatissima con grandi complessi industriali, praticamente a fianco dello Stadio e del cimitero), gestito dagli super specialisti dello sterminio. Coloro che gestirono il primo grande sterminio di massa contro 70.000 cittadini tedeschi fra malati di mente, portatori di handicap, disabili e bambini affetti da malformazioni e poi l’Aktion Reinhard, lo sterminio di circa due milioni di ebrei di Polonia nei lager di Belzec, Sobibor e Treblinka.

Non mi stancherò mai di chiedertelo, visto che il tuo teatro fa della memoria storica e dell’impegno civile il proprio credo. Oggi quant’è importante ricordare una storia come I me ciamava per nome: 44.787 e perché?

Fondamentale!

Perché ogni tentativo di pacificazione – tanto legittimo quanto auspicabilissimo – non è possibile se non si conosce il passato. E il nostro paese ha fatto della memoria storica un optional e dell’oblio lo sport nazionale. Si è volutamente e scientemente fatta un’opera di rimozione. A parte la questione ebraica (e ti credo, ci mancherebbe, ma anche questo è un fenomeno abbastanza recente) si omette quasi sempre la deportazione politica che è stata numerosa tanto quanto, se non di più. E questo nonostante Primo Levi e Liliana Segre e molte altre personalità e realtà del mondo ebraico si siano sempre raccomandati di riconoscere e ricordare l’impegno di coloro che coraggiosamente, a costo della libertà e della vita, si opposero al criminale progetto nazifascista. Anzi fascionazista, perché vale la pena rammentare a tutti che fu Mussolini, con la marcia su Roma e altro, a influenzare Hitler, e non il contrario. In questo i media, i social e, ahimè, anche la scuola e il mondo dell’istruzione hanno fatto vergognosamente cilecca.

Il Giorno della Memoria è stato importantissimo anche se è stato istituito con 55 anni di ritardo, dimenticando la componente politica, come dicevo prima, e spostando quasi tutto al di fuori dal confine nazionale, dimenticando che, oltre alla Risiera, l’Italia era disseminata de decine e decine di campi diffusi in tutta la penisola, da Bolzano a Ferramonti di Tarsia, vicino a Catanzaro.

Chi vorresti vedere seduto/a in Prima Fila il 23 gennaio al Teatro della Cooperativa e alla fine di I me ciamava per nome: 44.787cosa gli/le vorresti chiedere? 

La Russa, La Meloni, Lollobrigida e soprattutto giovani, tanti giovani.

La speranza è che non vengano scippati del loro recente passato come è capitato a me, che, in quello che è stato il mio percorso scolastico curriculare, mai è stata trattata la Seconda Guerra mondiale.

Renato Sarti invece, calato il sipario, cosa si porta a casa?

I miei maestri sono stati i partigiani e gli ex deportati. Ho un debito enorme verso di loro.

Tutti dovremmo averlo e impegnarci, affinché il loro sacrificio non venga dimenticato. Se non parliamo di coloro che sono morti per dare un contributo fondamentale (morale, etico, sociale, civico, più che politico) per conquistare la libertà e la democrazia, significa ucciderli una seconda volta. Significa che il loro sacrificio è stato inutile. E sarebbe da sciocchi, ciechi, nonché complici, non ritenere la situazione politica – in Italia e nel modo – a dir poco preoccupante.

Uno dei libri più importanti sulla Prima Guerra Mondiale è I sonnambuli di Christopher Clark. Incrociando le dita, ecco, facciamo di tutto, perché altrimenti ci risiamo.

E mi porto a casa anche la soddisfazione di avere la certezza che questo lavoro ha lasciato una traccia a tutti gli attori e soprattutto le attrici (oggi Valentina Picello, prima Irene Serini, Rossana Mola, Ariella Reggio, Tanja Pecar), che hanno lavorato in I me ciamava per nome: 44.787, in tutti questi quasi trenta anni. È il mio spettacolo più longevo.

Non so voi ma io l’accoppiata Valentina Picello, Renato Sarti non me la voglio perdere.

Voi?…

Teatro della Cooperativa
dal 23 al 28 gennaio 2024
I ME CIAMAVA PER NOME: 44.787
testo e regia Renato Sarti
da testimonianze di ex deportati raccolte da Marco Coslovich e Silva Bon per l’Irsrec FVG
con Valentina Picello e Renato Sarti
brani musicali Alfredo Lacosegliaz, Moni Ovadia

Buona serata a Teatro!

TiTo

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