Torna a Milano, presso il Teatro Linguaggicreativi, Piccola Compagnia della Magnolia una compagnia di teatro contemporaneo nata nel 2004 e che si identifica nel potente lavoro condotto da Giorgia Cerruti e Davide Giglio.
Dal 28 al 30 ottobre in scena ZELDA un’artista eccentrica e poliedrica, moglie dello scrittore Francis Scott Fitzgerald. Autrice nel 1932 del romanzo autobiografico Lasciami l’ultimo valzer. Morì all’età di quarantotto anni in circostanze oscure nell’incendio dell’ospedale psichiatrico in cui era ricoverata a causa della sua instabilità mentale dovuta ad una grave forma di schizofrenia. Una donna dagli atteggiamenti anticonvenzionali e spregiudicati considerata una proto-femminista. Zelda e Fitzgerald, uniti da una straziante e struggente storia d’amore, sono stati un’icona della nuova Età del jazz in America e successivamente sono diventati negli anni ’20 un modello per l’Europa, attraversata dalla coppia durante i lunghi ed estenuanti ricoveri di Zelda.
Per saperne di più abbiamo incontrato la meravigliosa Giorgia Cerruti alla quale abbiamo chiesto chi era Zelda Fitzgerald?
Nativa dell’Alabama, viene al mondo il 24 luglio del 1900, ultima di cinque figli di un magistrato colonialista. Donna, scrittrice, agitatrice, pittrice, mancata ballerina, incendiaria, icona di stile, femminista, moglie di Francis Scott Fitzgerald, eretica, malata psichiatrica e… oggi diremmo… socialite!
Zelda Fitzgerald oltre ad essere stata considerata una proto-femminista fu la prima flapper (sinonimo italiano di “maschietta”, in pratica aveva atteggiamenti e attitudini maschili). Dimmi, visto che ti conosco molto bene, cosa mi devo aspettare dal tuo personaggio in scena?
… il massimo della femminilità e della dolcezza, il tutto avvolto da una nube di profumo alle rose.
Giorgia i tuoi personaggi hanno sempre personalità forti, Zelda morì a 48 anni nell’incendio dell’ospedale psichiatrico in cui era ricoverata da tempo a causa di una grave forma di schizofrenia. Quanto riesci a tenere a bada questo personaggio (i tuoi personaggi in generale), della serie riesci a lasciarlo nel camerino o te lo porti a casa?
Caro TiTo, qui troverai certamente una forza completamente diversa dai consueti personaggi che ho attraversato negli altri lavori di Piccola Compagnia della Magnolia.
Questo monologo, sorto nel 2015 e da allora mai interrotto (con mia grande sorpresa e gioia), è nato come reazione, come bisogno mio e di Davide Giglio (compagno d’arte e cofondatore con me della Compagnia) di stare in un lavoro piccolo, tenue, delicato, in solitaria, dopo molti anni di spettacoli abbastanza imponenti e numerosi (naturalmente sempre in rapporto alla nostra “metratura”).
ZELDA ha significato per me anche mettere a fuoco un’autorialità dove la regista e l’attrice sono inscindibili e si traducono reciprocamente nel corpo che abita la scena. Venendo allo specifico della tua domanda, credo che un personaggio sia un buon 50% di te e un buon 50 % di altre e altri che attraversano il tuo universo e rimbalzano, forze che catturi o non catturi in quel tempo scenico condensato.
Dopo lo spettacolo porto con me l’analisi più lucida possibile di quanto avvenuto. E vado al ristorante con la Compagnia e gli amici, come degna conclusione del lavoro più bello del mondo.
A proposito di casa, cosa vorresti che mi portassi io dopo la visione di ZELDA | Vita e morte di Zelda Fitzgerald?
In quest’oggi impaurito e normalizzante, ZELDA ci rammenta che siamo capaci di accogliere in noi ogni contraddizione, che siamo gentili e mostruosi, innamorati e svergognati, anarchici e vicari, icone di stile talune volte o sciatti psicopatici talaltre. Noi siamo tutto questo. E rigettiamo il concetto di “bella figura”.
Quanto ami/amate creare cortocircuiti in noi spettatori?
Nella scrittura, e poi nell’interpretazione, abbiamo cercato di buttare realmente lo sguardo dentro all’animo di qualcuno. Ed è una vertigine attraversare in scena vite reali. Un sorprendente universo di nutrimento e distruzione, a ciclo continuo. In teatro mi interessa l’autenticità della comunicazione tra i presenti, e in pari misura una soluzione formalmente non spontanea del fatto scenico. Il teatro come momento di incontro serio, importante, voluto, curato, come per le “grandi occasioni”. Attorialmente parlando credo che nel tempo scenico si debba tentare di fare “un viaggio”, mi spingerei a dire che è bene – per un attore – farsi i “cavoli propri” e divertirsi proprio tanto. Lì, in quel paradosso, lo spettatore sta con te e riconosce la vita.
I Vostri spettacoli visivamente hanno un forte impatto, quant’è più importante la parola o la visione in un vostro lavoro?
L’estetica è etica, perché comunica come vedo il mondo, dà una ipotesi in un consesso pubblico. E come regista prima vedo uno spettacolo, dopo lo sento. Non si tratta di forma (oggi sempre meno, ma anni fa spesso la forma era una stampella, oggetto pericoloso da stanare!) ma di casette, vasi ospitali in cui far risuonare l’attore, che siano per lui una zona immersiva, extraquotidiana e plausibile al contempo.
Come artista, mi chiedo cosa sia il barocco oggi, postmoderno e fiammeggiante; se devo dare un colore alla visione dei nostri lavori, inquadro forse in quella zona i nostri tentativi.
Venendo allo specifico dell’attore, il corpo è involucro e alberga un’anima-animale e solo bucando l’involucro mi metto in contatto con l’esterno. La parola, se si ferma nella bocca e non è vibrata da tutto il nostro essere, è morta e stucchevole.
La musica?
È sempre più centrale nei nostri lavori, accompagnati – da circa 4 anni – dal compositore e sound-designer Guglielmo Diana, compagno di lavoro fidato e artista prezioso con cui abbiamo instaurato un processo creativo molto intrigante.
ZELDA non ha musiche; suona la voce, suona il testo, è sempre lavoro in musica il lavoro sul testo, con o senza musica.
Una mia curiosità che forse non vi ho mai chiesto. Quando, e come, è avvenuto il tuo incontro con Davide Giglio?
Anno 2001.
Giglio è all’ultimo anno delle superiori e frequenta il corso pomeridiano di teatro. Io co-conduco il corso. Litighiamo furiosamente. La scuola finisce. Dopo qualche mese ci rivediamo, andiamo a vedere 10 spettacoli alla settimana, e vogliamo fare teatro insieme. E ci piacciono le stesse cose.
Per intanto invitiamo i nostri lettori a venire a vedere ZELDA, noi poi ci rivediamo per FAVOLA. Va bene?
Beh certo! Per FAVOLA.
Il testo lo ha scritto per noi Fabrizio Sinisi ed è un’immersione molto bella! E anche per FEDRAH ti aspetto, a gennaio da PACTA a Milano, spettacolo di cui firma la regia l’amico caro e straordinario artista Michele Di Mauro.
Ti butto qui alcune date prossime:
– FEDRAH o della Spietà dell’Amore 17>21 gennaio 2022 Pacta dei Teatri – Milano
– FAVOLA 4 febbraio 2023, Gli Scarti-Dialma Ruggiero, La Spezia
– FAVOLA 10>14 febbraio 2023 CTB, Brescia
– FAVOLA 17-18 febbraio 2023, Il Rossetti, Trieste
– FAVOLA 01>05 marzo 2023 Teatro della Città, Catania
– FAVOLA 19>21 maggio TPE Teatro Piemonte Europa, Torino
CITAZIONI
Come convivere con una vita speciale? Nessuno mi ha insegnato a interpretare me stessa…
Zelda
“La trovai sdraiata sul letto nel suo vestito a fiori bella come una notte di giugno e ubriaca come una scimmia”
Francis Scott Fitzgerald
Per chi è abituato a leggere le mie interviste già sa che di sicuro ci vedremo con Giorgia e Piccola Compagnia della Magnolia dagli amici Gli Scarti al Dialma di La Spezia con FAVOLA, ma oggi ci troviamo a Milano e per questo motivo Vi consiglio di andare a conoscere, e applaudire, Giorgia Cerruti al Teatro Linguaggicreativi per…
ZELDA | Vita e morte di Zelda Fitzgerald
dal 28 al 30 ottobre – Teatro Linguaggicreativi
regia e drammaturgia Giorgia Cerruti e Davide Giglio
con Giorgia Cerruti
sinossi
Sull’ultimo giaciglio dell’artista, sola e convalescente per congestione d’idee in un letto di un oscuro ospedale psichiatrico, si ripropongono le parole di una Zelda già in attesa della morte otto anni dopo il compagno. E da sotto il lenzuolo vengono estratti come rigurgiti dell’anima i simboli di una vita: un pegno d’amore di Scott, carte, lettere, giornali, fotografie. Al pari della Winnie beckettiana, Zelda sopravvive in un atollo di detriti di vita, tenacemente spolverati per inseguire l’ombra di un’ipotetica felicità: entrambe metafora di un mondo che le ha partorite e che ora le inghiotte. E poco importa è che quel mondo sia specchio del banale o del sublime quotidiano: un solo brivido di felicità, qualunque esso sia, vale l’intero arco di un’esistenza.
Buona serata a teatro
TiTo
Leave a Reply