Vedilo perchè è Tropicana je!

Tropicana di Irene Lamponi, in scena al Teatro Verdi di Milano, è una prova di teatro intensa che sorprende per la freschezza ben commista ad autenticità.
Tutto ciò che serve è già in scena, sul fondo si staglia un cielo terso che accoglie insieme alba e tramonto.
La vicenda è una storia familiare, complessa come tante. I personaggi, tratteggiati da una penna sicura ed elegante, sono sostenuti da una recitazione forte e ben misurata, come i tempi e come i silenzi.
Elena Callegari (Lucia) regala l’interpretazione fine di una moglie distrutta, in netto contrasto con la figura di Meda, un’esilarante Cristina Cavalli alle prese con un personaggio che contrappunta, con linguaggio viscerale, la quotidianità di Nina (Irene Lamponi) e della madre Lucia; una vita domestica fatta di emozioni sommerse, di rabbia e pazienza. Infine c’è Leonardo, Marco Rizzo, il fidanzato di Nina, con il quale lei impara a suonare la chitarra e a cantare il noto successo degli anni ‘80 Tropicana. Ma la musica non finisce qui, infatti le altre scelte musicali si vengono a incastonare, con buon gusto e precisione, nell’attenta e sobria regia di Andrea Collavino.

I gesti semplici e le battute spesso taglienti svelano un testo che, oltre a non temere la crudezza dello stare al mondo, non ignora l’intima tenerezza che ne può sgorgare. Uno spettacolo spiccatamente ironico, dalla struttura forte, fino a sfiorare l’irriverenza, e che, pur lasciando spazio alla bestemmia, si dà con generoso equilibrio.
Una drammaturgia originale che dichiara a gran voce che il teatro vive, di una contemporaneità contrastante, della stessa difficoltà a comunicarla, che non rinuncia però al bisogno imperioso di raccontarla, nel conflitto, anche con semplicità, fra risa e commozione.

Arianna Lomolino

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