Vauro e Alberti: la storia delle storie

quante storie

La storia ed una storia.

Supponiamo che la prima, la storia con l’articolo determinativo, sia lo studio dell’uomo e del suo tempo tramite documenti e testimonianze e che la seconda, la storia con l’articolo indeterminativo, sia il racconto legato ad avvenimenti immaginari, alla narrazione fantastica.

Sembra essere questa definizione “della storia” e di “una storia” la struttura in cui si muove l’incontro-spettacolo in scena al Menotti.

Ovvero: sembrerebbe essere questo il dispositivo che Vauro Senesi e Barbara Alberti con la regia (e la partecipazione) di David Riondino, hanno adottato per accompagnarci all’interno di quattro grandi ambienti ideali che ci parlano di Donne, di Solidarietà, di Guerra e di Religione.

Vauro e la Alberti ci fanno da anfitrioni affidandosi a percorsi e linguaggi a loro familiari. Il primo attraverso le sue vignette e la satira ci racconta la storia; la seconda, attraverso la letteratura e la lettura, ci narra il mondo fantastico che abita le storie contenute nella storia.

I due tengono una “lectio magistralis” sulle chiavi interpretative della realtà utilizzando immagini proiettate su fragili schermi di cartone, lettere e poesie

E’ attraverso questi veicoli che dalle macro-storie emergono altre storie; vicende che hanno come protagonisti Sasha il pittore di gatti rossi (bambino ucraino di 9 anni che lotta contro il cancro), Khawla la principessa di Bagdad con la coroncina di plastica, i cinquecentosettanta anelli e Sherazade, Maria e la sua necessità di fuggire ad  Alessandria d’Egitto.

Tutto diventa testimonianza: la prova provata della guerra è data da mine che sembrano pappagalli, il ruolo delle religioni dalla sciarpa rossa di don Gallo.

Tutto ciò che è elemento, prova o chiave di lettura della storia, tutto ciò che la rielabora e ce la ripropone come racconto fantastico è stimolo alla curiosità e quindi spunto di riflessione e viatico alla conoscenza.

In scena al Menotti fino al 16 ottobre

Roberto De Marchi

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