Un altro Amleto, quando il marcio si fa pantano

Non si contano le messinscene e i riadattamenti che si ispirano alle opere di Shakespeare e lo spettacolo “Un altro Amleto”, regia di Aldo Cassano, in scena presso il CRT, sembra proprio rispondere provocatoriamente alla fortuna sempreverde della storia del malinconico principe.

Nella rilettura di Magdalena Barile, autrice del testo, la scena si trasforma: non ci troviamo più in Danimarca bensì in Brianza, non più in una reggia cupa e funestata da intrighi ma nella casa kitch e sberluccicante, dal gusto vagamente macabro, di una famiglia benestante di industriali. Anche in questo caso la madre di Amleto si è risposata con Claudio, il fratello del marito defunto. E anche in questo caso Amleto non reagisce bene: unico erede, rifiuta l’idea di seguire l’azienda di famiglia e medita anzi vendetta contro lo zio. Eppure non fa nulla: come nel celebre modello shakespeariano, Amleto diventa l’emblema della non-azione. Frenato dalla madre che si dimostra paradossalmente comprensiva di fronte ai suoi istinti omicidi e suicidi, viziato dallo zio che cerca di riguadagnarsi la sua stima con viaggi all’estero e sarebbe quasi disposto a lasciarsi ammazzare, amato dalla fidanzata che lui maltratta, Amleto è confuso e non comprende più cosa vuole: scappare? Uccidere? O amare?

Il testo di Magdalena Barile dipinge con ironia e impietosa lucidità il ritratto – estremo, ma non per questo meno credibile – di una moderna famiglia borghese, apparentemente soddisfatta e appagata dal benessere materiale e sociale (“Hai bisogno di credere in qualcosa. Io credo agli oggetti”) e dilaniata all’interno da conflitti irrisolti e soprattutto incompresi. In questa dark comedy l’elemento grottesco rende ancora più inquietanti le dinamiche assurde che si svolgono tra i personaggi, caratterizzati dalle nuove turbe proprie della modernità. Tutto sembra accettato e giustificato, i valori sfumano in un relativismo in cui solo i soldi assumono un potere effettivo nella gestione quotidiana dei rapporti , i rituali borghesi ovattano la presenza delle armi, della violenza, dell’aborto e alla fine è difficile identificare chi sia davvero il più folle.

La regia di Aldo Cassano rende con efficacia le suggestioni del testo tramite una scenografia evocativa e rapidi cambi di scena che creano un’atmosfera quasi spettrale, in cui gli oggetti si muovono trainati da corde. Gli echi e i rumori amplificati sottolineano ulteriormente la distorsione delle menti e delle relazioni. Validi gli attori Federico Manfredi, Emilia Scarpati Fanetti, Nicola Stravalaci e Debora Zuin (magistrale nell’interpretazione di Gertrude), abili nel restituire una dimensione grottesca e tragicomica.

Infine, l’operazione di attualizzazione di “Un altro Amleto” ha successo: i temi fondamentali del capolavoro di Shakespeare – “la solitudine, la follia, la mancanza d’amore, il dubbio amletico” – trovano nuova freschezza alla luce dei nostri tempi nella messinscena della compagnia Animanera: come sostiene il regista Aldo Cassano in un’intervista, “ La melassa creata intorno incolla Amleto e non gli fa fare delle scelte che lo renderebbero un uomo e gli darebbero una possibilità di sviluppo. Sceglie di non vivere, come un ragazzo di oggi che perde ideali, interessi, che non sa come muoversi e rimane a casa fino a 40 anni. Rimane impantanato nelle circostanze del sistema che lo circonda. (…) L’essere o non essere si traduce nella nostra messinscena in un’incapacità di Amleto di prendere in mano la propria vita e di riuscire anche a trovare un filo di felicità.”.

Marzorati

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