
La fabbrica di camicette Triangle Waistshirt Company di New York, va a fuoco nell’anno 1911. A perdere la vita quel disastroso 25 marzo sono 146 persone, quasi tutte giovani donne, per la maggior parte immigrate italiane o dell’est Europa.
Laura Sicigniano, con il suo testo e attraverso la sua delicata regia che accompagna e traduce il racconto, immagina la storia di tre nostre connazionali – la Caterina, la Rosa e la Lucia – rigorosamente con l’articolo, che il destino vuole coinvolte nella tragedia.
Tre personaggi, rispettivamente madre e figlie, che a loro modo vivono il distacco dalla patria natia e l’arrivo “all’America”, con tutte le sue ambizioni, differenze e contraddizioni: le donne, trovano più facilmente lavoro degli uomini e incominciano a contribuire in modo ingente al mantenimento della famiglia. Ma le donne, sono anche sottopagate, costrette a lavorare in condizioni inadeguate, ad accettare compromessi e soprusi “se no puoi anche evitare di presentarti lunedì a lavoro”.
La Caterina, madre, fortemente ancorata alle tradizioni della penisola mediterranea, non riesce ad adattarsi ad un mondo che non è il suo, dove il genere femminile incomincia a ribellarsi, prendere posizioni, esporre opinioni, per quanto non siano ancora accettate né riconosciute. Caterina fatica a comprendere anche sua figlia minore, “quel diavolo della Lucia”, che in pieno slancio adolescenziale scalpita per lavorare nella factory e partecipa a riunioni clandestine del sindacato insieme alla sua nuova collega e amica Dora, trentenne russa, che proprio non ci sta a vedersi decurtare dal già misero stipendio 2 dollari senza sapere il perché. È sicuramente più vicina a sua figlia Rosa, la Caterina. La Rosa. Quella che quasi si nasconde dalla vergogna. Sempre a testa bassa e coperta dal cappello. Quella che lavora più di tutti, cercando di fare straordinari finché è possibile, quella che. Quella che inizia ad uscire con il boss sorvegliante, che cede alle sue avances, perché porteranno ad un posto vicino alla finestra, dove c’è più luce e gli occhi si possono riposare un po’ oppure perché è semplicemente infatuata di chi, nel bene o nel male, ha più attenzioni per lei e non per sua sorella.
Tutte le donne nascono come emanazioni dalla voce e dal corpo di un’unica attrice, Laura Curino, che del teatro di narrazione ha fatto la sua forma d’espressione e d’arte. La scena di Laura Benzi è semplice ma estremamente evocativa: tre postazioni – probabilmente quelle delle nostre protagoniste – richiamano le tre diverse fasi della lavorazione delle camicette. L’attrice con la naturalezza di chi conosce questo mestiere, disegna, taglia, cuce, utilizza forbici e sposta rocchetti, mentre racconta (e vive) la storia di queste donne che affrontano la loro condizione in modo completamente diverso, ma con profonda dignità. Quella dignità di chi è abituato alla povertà e di quella povertà si veste, e con quella povertà fa i conti attraverso la rassegnazione, la ribellione, la resistenza, o il silenzio.
La fabbrica non è dotata di nessuna norma antincendio. Anzi. Quando la prima scintilla appicca il fuoco tutto si sviluppa con una velocità impressionante. In 18 minuti le donne delle camicette muoiono chiuse dentro nella fabbrica, nel cedimento di un montacarichi, sulla scala spezzata organizzata dagli studenti del palazzo di fronte. Rosa e Lucia, insieme sul cornicione, decidono di morire come scintille: piuttosto che bruciare vive, bruciano in aria, scegliendo di buttarsi nel vuoto e di atterrare su un telo che loro, esperte di tessuti, sanno già che non reggerà.
Caterina, nel panico e nella confusione, “si dimentica delle sue figlie”: si salva, salendo sul tetto della fabbrica. È proprio il suo personaggio che chiude senza fronzoli lo spettacolo. Per quanto il rimorso non la abbandoni il suo strazio è ancora dignitoso. Le due camicette che ha preparato sono appese, quasi immolate per non dimenticare le sue figlie, che in tutto per l’America, sono valse il rimborso di “ben” 150 dollari. Quelle due camicette e tante altre più piccole sono i nomi ripetuti nella chiusa dello spettacolo, di tutte quelle persone che si ammassano cercando di fuggire e che accendono una volta per tutte la scintilla della lotta per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori meno tutelati, in particolare fra tutti, le donne.
Vera Di Marco
SCINTILLE
Testo e regia: Laura Sicignano
Con: Laura Curino
Musiche originali: Edmondo Romano
Ricerca storica: Silvia Suriano
Scene: Laura Benzi
Costumi: Maria Grazia Bisio
Disegno luci: Tiziano Scali
Tecnico luci, suono: Federico Canibus
Produzione: Teatro Cargo
Leave a Reply