Recensione: “Tre uomini e una culla”

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Foto Giovanni Chiarot

Se si fa un elenco di commedie protagoniste degli anni ’80 non si può lasciare fuori “Tre uomini e una culla”, film francese del 1985 scritto e diretto da Coline Serreau. Una pellicola che arrivò a sfiorare il premio Oscar come miglior film straniero ma che negli ultimi anni ha ridotto i suoi passaggi in tv finendo per perdersi tra le nuove generazioni. A riportarla in auge è arrivato il sequel del 2021 prodotto da Netflix e l’adattamento teatrale curato dalla stessa Coline Serreau. La regia della versione italiana è affidata a Gabriele Pignotta, ormai specialista in commedie brillanti sia come regista che come attore. Al suo fianco Giorgio Lupano e Attilio Fontana a formare questo trio di scapoli incalliti abituati a feste e amanti fino a quando la loro vita non viene sconvolta dall’arrivo di Marie, una bimba di pochi mesi lasciata davanti alla porta dell’appartamento che i tre condividono.

Lo spettatore viene subito colpito dall’imponente scenografia firmata da Matteo Soltanto, un appartamento curato in ogni dettaglio con un angolo in grado di adattarsi e trasformarsi in una seconda piccola scena fuori casa. I tre uomini Jacques, Pierre e Michelle iniziano una serie di divertenti peripezie chiamati ad accudire una bambina, cosa che mai avrebbero immaginato. Cosa darle da mangiare? Quali pannolini comprare? Come cambiarla? Tanti i momenti che divertono il pubblico, dalle scene in farmacia al fatidico primo cambio di pannolino. Non mancano poi gli equivoci che portano la polizia nell’appartamento in cerca di un carico di droga. Lo stile cinematografico del racconto non passa inosservato, le battute sono leggere e mai volgari, ma si racconta anche la storia di tre uomini che hanno saputo cambiare vita affezionandosi giorno dopo giorno a questa bambina entrata prepotentemente nelle loro vite. La riflessione finale su quello che porta la vita calza a pennello in perfetto stile da commedia francese.

Tre uomini e una culla è anche un tuffo negli anni ’80 grazie alla sua colonna sonora ricca di pezzi dell’epoca. Molti in lingua francese come “Amoureux solitaires” della belga Lio, “C’est la ouate” di Caroline Loeb e l’inconfondibile colonna sonora de “Il tempo delle mele” ma anche inglesi da Cyndi Lauper alla Final Countdown degli Europe fino a una travolgente coreografia sulle note di Footloose.

I tre protagonisti interagiscono bene tra loro e anche con la bambola/bambina riuscendo a mostrare le sfaccettature e l’evoluzione dei rispettivi personaggi. Fondamentale anche il resto del cast. Fabio Avaro, Carlotta Rondana, Malvina Ruggiano non sono semplici comprimari ma lasciano il segno con i loro ruoli. Il risultato è uno spettacolo piacevole dal primo all’ultimo minuto che rende onore al successo cinematografico.

Ivan Filannino

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