Recensione: “The Trials (I processi)”

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L’allarme è lanciato e tutti siamo stati informati.
L’informazione è ovunque ma si sceglie di non sapere, perché sapere veramente qualcosa significa dover intraprendere il cambiamento.
Cambiare porta a stare scomodi in luoghi, talvolta angusti, in cui in discussione non c’è solo l’ignoto del nuovo scenario ma soprattutto la valenza delle proprie convinzioni.
The Trials, di Dawn King con la regia di Veronica Cruciani, parla di questo. Di una consapevolezza che pervade l’esistenza contemporanea e che attraversa il vivere capitalista attraverso il risvolto perverso della sua intersezionalità.
Andato in scena nell’estate del 2022 al Donmar Warehouse di Londra, e prima assoluta in Italia, The Trials racconta di un futuro prossimo (troppo prossimo) in cui è cominciata la resa dei conti per la ferita inferta dall’umanità all’ambiente.
Ma inferta da chi? Il punto è questo.


Chi è esente dalla colpa di vivere o aver vissuto lasciando una traccia (a questo punto, quale che sia) sul pianeta che è casa? Chi può dirsi non colpevole di aver banalmente prodotto?
Chi ha prodotto poco, forse? Chi ha contribuito ad arginare l’andamento di un sistema trappola costruito sul meccanismo per cui, se si arresta un tassello, l’immobilismo si ripercuote sul tutto?
Essere tuttavia meno colpevoli, non vuol dire essere innocenti.
Ognuno è responsabile di ciò che fa, in uno scenario in cui però la regola è la farsa del libero arbitrio.In un contesto in cui un figlio (alias una persona) altro non è che carburante fossile emesso.


La neve non esiste più. Il freddo sulla pelle non produce più una sensazione. Il cibo è quello di Matrix. L’aria non è. L’altra parte del mondo non è più visitabile per soli 24,99 euro, perché si vola solo con la fantasia.
L’apocalisse è data dalla morte di tutto, non di tutti.
C’è un meccanismo di tutela che, in quanto esseri umani, tendiamo a mettere in atto. Si tratta di una rimozione selettiva delle informazioni che non ci consentiamo di trasformare in sapere perché, per quanta negative capability possediamo, è troppo sostenere che siamo tutti portatori di una colpa originaria (alert: la religione non c’entra niente qui). Una colpa che non risparmia nessuno perché alimentata dall’inconscio collettivo dell’anima del mondo di cui siamo parte.


Per questo, la colpa non può essere del sistema o solo del sistema. Del sistema è la colpa di metterci in guerra, in fazioni fatte di generazioni a confronto, di leggi che anche se rispettate non rendono incolpevoli.
Incolpevoli non solo i tre imputati (Tommaso Amadio, Valeria Padernò e Mariangela Granelli). Incolpevoli non sono i 12 giovani di una giuria cui è stata scaraventata addosso l’ultima mossa della colpa atavica: giudicare le proprie madri e i propri padri con il cinismo che appartiene alla razionalità delle macchine.


Una giuria che si destreggia con il fomento tipico di un’età della vita e in cui spiccano le voci di Matteo Chirillo (Thomaz), Gionata Soncini ( Marek), Gabriele Spataro (Adnan), Alessandra Curia (Ren) e Caterina Pagliuzzi (Kaiko) che riescono a farsi spazio in modo non urlato ma assordante. Armonica e funzionale anche la prova d’attore della restante parte di giuria che si muove in suoni metallici e ambienti secchi e quasi mai dissonanti.


The Trials costringe a chiedersi cosa siamo e dove andiamo. Lo fa con la violenza di chi non ci lascia tregua neanche quando ci si rifugia nella propria intimità perché è proprio con quest’ultima che ha a che fare.
Cosa stiamo facendo per interrompere quanto fingiamo di non vedere?
A che cosa sta servendo aumentare la nostra consapevolezza in nome dell’arte, dello spirito, del karma, della politica, della religione, della società, dell’ambiente se l’unico attivismo che conosciamo nasce, cresce e muore in un formato 9:16?
Siamo colpevoli e il tempo per non essere giustiziati è ora.
Se serve capirlo meglio, The Trials è in scena al teatro Filodrammatici Milano fino al prossimo 15 ottobre.

Alessandra Cutillo

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