Recensione: “Quasi una serata”

serata

Al teatro MTM Leonardo, è andato in scena dal 21 al 26 marzo lo spettacolo “Quasi una serata” di Ethan Coen, per la regia di Davide Marranchelli. In scena il regista e attore è affiancato da Stefano Annoni, Paui Galli e Simone Severgnini.

Nei tre atti unici Coen affianca tre situazioni molto differenti tra loro in un paradosso narrativo, in cui affronta con un linguaggio ironico e leggero temi altissimi: come l’aldilà, il contrasto tra le religioni, la fragilità dell’uomo, la redenzione, la miseria della vita umana, indagando il rapporto tra l’essere umano e il mistero dell’esistenza, dove è il divino a essere a nostra immagine e somiglianza e non viceversa.

Nei tre differenti atti, i diversi personaggi vengono rappresentati dai quattro attori che si alternano nei continui cambi di personaggio, senza mai creare confusione agli spettatori, mentre il pubblico viene sballottato tra un purgatorio (che purgatorio non è) “reso umano”, quasi fosse un’ordinaria sala d’attesa, con tanto di segretaria dattilografa. Per poi ritrovarsi improvvisamente in una sauna: al centro di una spy story, nella quale un agente segreto riscopre di avere una coscienza e di non poter più tollerare il freddo e asettico ambiente che lo circonda e i crimini che vengono commessi. Senza preavviso veniamo poi catapultati al centro di un dibattito tra un “Dio che giudica” e un “Dio che ama”, in una vera e propria faida religiosa, che si potrà concludere solo con l’annullamento delle religioni. E ancora veniamo trascinati in un ristorante, all’uscita del teatro, in cui (apparentemente) l’opera critica se stessa, un momento destabilizzante in cui lo spettatore ha la sensazione di assistere agli attori che criticano loro stessi, che battibeccano, ma non tutto è come appare.

La ben riuscita idea registica, aggiunge un’ulteriore scatola teatrale in cui si muovono gli attori, quasi costretti in modo surreale, oltre che ai propri ruoli, al loro ruolo di artisti, mettendo al centro la teatralità e un diverso modo di fruire il teatro, di stare sul palco, di stare in platea, di essere spettatore. Lo spettacolo inizia molto prima del suo inizio: gli attori ci accolgono al nostro ingresso in sala (quasi sostituendosi alle maschere), scambiano qualche battuta, ci fanno sentire da subito a nostro agio e parte dello spettacolo. Anche durante lo spettacolo stesso, le luci della platea si accendono più volte, ad estendere il palcoscenico a tutto il teatro, a portarci sul palco a recitare con loro, a cercare l’interazione del pubblico con domande dirette, fino al coinvolgimento di una persona presa tra il pubblico alla quale viene affidato da leggere (e “interpretare”) niente po’ po’ di meno che il finale dell’opera.

Uno spettacolo ben riuscito, che ha saputo coinvolgere il pubblico, farlo riflettere e divertire grazie ai molti momenti comici, dati tanto dal testo quanto dalle divertenti scelte registiche, ma sopratutto dalla bravura degli attori che hanno saputo valorizzare l’opera di Coen con un buon ritmo.

Enea Montini

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