Recensione: “Noi, robot”

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Noi, Robot, di e con Andrea Brunello, andato in scena al Pacta Salone di Milano, è ispirato all’Uomo Bicentenario, famoso romanzo fantascientifico dello scrittore russo Isaac Asimov, da cui è stato tratto l’omonimo film con Robin Williams e Sam Neill. Lo spettacolo si inserisce nella rassegna ScienzaInScienza Atto1!, festival scientifico con la direzione artistica di Maria Eugenia D’Aquino, che fino al 28 gennaio propone spettacoli, incontri e workshop. Manifestazione degna di nota e sui generis nel riconoscere la necessità (non sempre presa in considerazione dal mondo artistico) di una prospettiva scientifica nell’interpretazione della realtà, sperimentando percorsi di narrazione differenti.

Sulla scena, occupata da un mega schermo interattivo, si muovono due soli personaggi. Una ricercatrice nel campo dell’intelligenza artificiale, in scena Laura Anzani, e il professore astrofisico di fama mondiale Barani, interpretato dal regista stesso. La discussione tra i due, immaginata di fronte al pubblico fittizio di una conferenza scientifica, si sviluppa proprio a partire da Andrew, robot umano protagonista del romanzo di Asimov, estremamente intelligente e allo stesso tempo estremamente infelice.

La storia del professor Barani e le sue riflessioni attorno alla mente umana, raccontate dalla voce calda e intrigante di Brunello, si avviluppano attraverso domande, più che nozioni e prese di posizione: se è possibile ricostruire l’intelligenza addirittura fin dove l’uomo non può arrivare, è anche possibile riprodurre i sentimenti e le emozioni, la coscienza, l’anima? Riflettendo sulla dimensione dell’essere umano attraverso il confronto con i robot, emerge dallo spettacolo di Brunello che l’anima è forse qualcosa che nasce e vive grazie ai neuroni che abitano nel nostro cervello e all’interazione tra essi; ciò è non solo scientificamente interessante, ma anche straordinariamente poetico dal momento che lega l’uomo alla nascita dell’universo e alla vita delle stelle.

La soluzione drammaturgica si rivela ingegnosa nel saper conciliare il piano prettamente teatrale a quello di ordine teorico: alle tesi sulla natura dell’uomo e sull’intelligenza artificiale, si intreccia la vicenda del professor Barani che come Andrew è dotato di intelligenza artificiale, e la cui vita si lega inaspettatamente a quella della ricercatrice. Le integrazioni video proiettate sul mega schermo e le musiche spezzate e psichedeliche, tipiche dei suoni degli apparecchi informatici, caratterizzano brillantemente l’apparato scenografico dello spettacolo. La scelta dell’adozione di elementi tecnologici più che ornativi, appare congeniale sia dal punto di vista contenutistico che drammaturgico, nell’andare a spezzare i cambi di scena e i picchi intonativi del (quasi) monologo del professor Barani. L’interesse scientifico che emerge dall’attualità del tema affrontato da Noi, Robot si sposa con meraviglia a una prospettiva del tutto poetica: il cervello umano è profondamente connesso a qualcosa di più grande di noi, di infinito quanto l’universo, è origine di un’anima potenzialmente illimitata e di un’ambizione a tutto tondo umana che ha però dell’incredibile: riprodurre l’uomo attraverso la tecnologia.

Chiara Musati

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