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Pubblichiamo con piacere la recensione dell’amica e lettrice Chiara Bertazzoni.
Malamore. Una unica parola. Che è anche due. Una parola che, scomposta, racconta due opposti. Opposti che, però, spesso sono due facce della stessa medaglia.
Ecco che nel titolo è racchiusa l’essenza di questo spettacolo, in scena a Teatro Libero fino a domenica 20 gennaio.
Amore: una forza che ci tira, ci spinge, si fa sospirare, ci appaga e ci sconvolge, ci porta oltre i nostri limiti. Ci fa impazzire.
Male: una ferita, un dolore, uno squarcio nell’anima e un livido sul cuore.
Sono proprio le persone che amiamo di più che spesso ci fanno più male. Ma perché? Logico, perché sanno dove colpire.
Questo è l’ossimoro che prende vita in scena, ma non bisogna lasciarsi trarre in inganno: Malamore è tutto, tranne che scontato.
Un re, Luigi Guaineri, e il suo buffone, Alessia Vicardi, vivono insieme, da molti anni. E il tempo li ha legati indissolubilmente l’uno all’altro, ha depositato su di loro strati di paure e rancori, li ha resi schiavi di se stessi. E l’un l’altro.
L’autore e regista, Andrea Brunetti, catapulta lo spettatore in un mondo claustrofobico, una cripta da cui i protagonisti non potrebbero più uscire, anche se lo volessero.
Fino a dove può arrivare l’amore? Dove finisce l’amore e inizia il male? Lo spettacolo non ha certo la pretesa di rispondere a queste domande, ma mostra, attraverso una metafora molto precisa e ben articolata una situazione che potrebbe diventare, nella sua astrazione, quasi un paradigma.
Una regia precisa e curata disegna luci quasi caravaggesche e costruisce una atmosfera inquietante e umida, poco accogliente, ma molto sofisticata. Anche il testo ha in sé una buona dose di ricercatezza, riesce a dipingere, battuta dopo battuta, un quadro preciso di ciò che sta avvenendo. Quando, però, lo spettatore crede di essere sulla strada giusta, i ruoli si invertono, vittime e carnefici si rimescolano e tutto riparte da capo. E’ evidente una urgenza dietro al racconto di questa storia, che si manifesta dalla meticolosità con cui ogni elemento è al suo posto e che si materializza grazie al lavoro dei due attori, che non si risparmiano per dare corpo a duo esseri umani che di umanità, ormai, ne hanno ormai poca.
Lo spettacolo parte lentamente, i primi minuti non aiutano lo spettatore a stare a proprio agio, ma, senza che se ne accorga, si trova invischiato in una storia umida e malata, vischiosa e pericolosa, che si svela e decolla quando meno ce lo si aspetta, forse quando ormai si era rassegnato a non trovare il bandolo.
Malamore non è uno spettacolo semplice, non è uno spettacolo rilassante, non è uno spettacolo comodo. Per fortuna. Proprio per questo merita di essere visto.
Chiara Bertazzoni
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