
Va in scena al teatro la Scighera lo spettacolo La Razza Umana, del progetto Atelier Scimmie Nude. Sei allieve del percorso di formazione della compagnia Scimmie Nude a confronto con un tema complesso e immortale come quello della crudeltà umana attraverso la rievocazione dei grandi olocausti del passato e del presente. Prendono in analisi la Shoah ma anche i Gulag russi, le persecuzioni armene, le pulizie etniche nei Balcani fino a quelle africane e orientali.
Lo spettacolo è costituito da una serie di quadri in continua trasformazione durante i quali le attrici affrontano le situazioni di svilimento umano e umiliazioni raccontati dai sopravvissuti dell’olocausto e dei genocidi. Lo fanno soprattutto con il corpo e con coreografie di azioni fisiche dalle quali escono ed entrano personaggi e dinamiche relazionali tra vittime e carnefici. Di volta in volta generano metafore e riflessioni sull’uomo e sulla sua natura duale. Come si può arrivare a tanto odio? A tanta sopraffazione e crudeltà? Il passato torna ciclicamente. Sembriamo non imparare mai la lezione continuando a dimenticare e poi a perpetrare nuovamente gli stessi errori.
In scena ci sono Camilla Giacometti, Simona Ornaghi, Laura Rinaldi, Barbara Rivelli, Marta Tempra Gabbiati e Michela Serra. Il regista che le ha seguite è Gaddo Bagnoli.
La scena è nuda, le attrici usano pochi oggetti, in particolare campane che scandiscono tempo e paure. I costumi sono efficaci puntando su un taglio unico che si ispirano a tenute da prigioniero e di lavoro forzato.
Le attrici dimostrano maturità e talento, riuscendo a districarsi in una messa in scena non semplice. Le parole escono concrete insieme alle emozioni che si prendono la responsabilità di incarnare, come i pensieri ai quali danno voce.
Più discontinui e non sempre efficaci sono i passaggi da un quadro all’altro. In alcuni casi risultano un pò forzati o inseriscono una ironia non sempre condivisibile. La sfida però era importante e coraggiosa e aveva la necessità di mettere alla prova le attrici nelle intenzioni e nelle capacità tecniche.
Colpisce la chiusura con l’urlo corale delle vittime che gridano la loro rabbia e il desiderio di vendetta verso chi le ha strappate alla vita e verso chi ancora, istigando odio e paura, vuole tornare a perpetrare gli orrori del passato.
Michele Ciardulli
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