Giorgio Strehler. Attore. Ideologo. Poeta. Critico. Musicista. Ma più di ogni altra cosa, Giorgio Strehler: il Maestro. Chiunque lavori nel teatro, qualunque ruolo o mansione, non può prescindere dalla sua figura e dalle sue parole. Non può fare a meno di riconoscerlo come il proprio Maestro.
Non chiamatemi maestro, in scena dal 27 giugno al 15 luglio 2014 al Teatro Libero, per la regia e l’interpretazione di Corrado d’Elia, è uno spettacolo dedicato a Strehler, alla sua vita e al suo lavoro. Uno spettacolo dedicato quindi al teatro e alla memoria dello stesso.
Chi ama il teatro e vive a Milano non può non uscire profondamente colpito e emotivamente toccato da un progetto come quello di Corrado d’Elia (leggi la sua intervista). La sua regia semplice pur sofisticata ci lascia entrare nella vita di Giorgio, inizialmente a passi lenti e con discrezione per poi essere immersi interamente nella ricchezza delle sue parole che appaiono concrete nelle loro suggestioni, a volte moniti, a volte consigli, a volte carezze. Ci perdiamo in un sentire abbondante e immenso tanto da dover ritrovare ad ogni passaggio un nuovo equilibrio: con noi stessi e con il nostro rapporto con il teatro. Le parole di Strehler diventano le parole di ognuno di noi, superano il tempo e lo spazio fino ad appropriarsi dello spettatore. Perché Corrado ci insegna che Strehler è uno di noi: un uomo che nella sua grandezza non giudica e non pone distanze ma prende per mano, accompagna e comprende come solo un grande maestro sa fare.
Corrado d’Elia è sublime: conquista il pensiero di Giorgio e lo regala con sapienza. Più volte ci si chiede chi sia l’uno e chi sia l’altro, di chi è un pensiero, un ricordo, un sogno. In alcuni momenti il confine tra i due è così sottile da annullarsi sotto i nostri stessi occhi come sin dall’inizio è annullata la distanza tra l’attore e lo spettatore. Non esiste una quarta parete ma solo d’Elia, le parole di Strehler, gli spettatori vicini, così vicini. L’appassionato incalzare delle musiche, la delicatezza delle luci, la commozione vibrante e l’informalità della messa in scena sono una piacere ininterrotto per tutta la sua durata. Si vorrebbe avere di più. Chi ama il teatro vorrebbe durasse per sempre perché finalmente sembra trovare le risposte e soprattutto le ragioni del mestiere più disperato del mondo.
Non è solo uno spettacolo ma un inno d’amore, un messaggio di speranza rivolto a tutti coloro che si sono irrimediabilmente perduti nel teatro. Più che applaudire viene voglia di ringraziare. Dire grazie per aver omaggiato Giorgio con tanta poesia e tanta passione. Ringraziare per aver scoperto un Giorgio più umano e più vero. Ringraziare per uno spettacolo che ti resterà dentro per più di una sera, come una scheggia sotto la pelle. Ringraziare per essere riusciti a vivere il teatro per come lo intendeva il Maestro.
Esci su via Savona. Guardi Milano. E desideri per la prima volta intensamente che Giorgio sia da qualche parte. Adesso.
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