Ai nastri di partenza la 38° edizione di MilanOltre Festival. Dal 24 settembre al 17 ottobre con più di 50 appuntamenti tra focus internazionali, 16 prime nazionali, oltre 20 appuntamenti dedicati alle nuovissime generazioni, incontri, masterclass e nuovi progetti. Il Teatro Elfo Puccini, il Pac Padiglione di Arte Contemporanea e altri luoghi della città sono i “palcoscenici” dove la danza prende forma e si irradia a Milano, coinvolgendo il pubblico in sala ma anche giovani studenti delle accademie cittadine con le quali da qualche anno il Festival sta costruendo un vero e proprio programma formativo e di scouting. Il Festival è, dal 2024, ufficialmente co-diretto da Rino De Pace e Lorenzo Conti.
“Sono entrato nel Festival nel 2021/2022 per seguire tutto ciò che riguarda la parte di ricambio generazionale partendo dal pubblico per arrivare poi alla programmazione – racconta Lorenzo Conti – Quest’anno abbiamo concretizzato la condirezione firmando insieme la progettualità”
Cosa ha voluto portare di suo nel Festival?
Il Festival ha 38 anni, quando c’è stata la prima edizione io non ero ancora nato, La prima questione è stata proprio cercare di capire come trasmettere il bagaglio materiale e immateriale di esperienze, storie e competenze che un festival così longevo si porta dietro. L’importante era non rimanere schiacciato. Sono stato chiamato per cambiare alcune cose e le modalità di fruizione dello spettacolo dal vivo. La mia idea è che il Teatro Elfo Puccini rimanga la casa madre del Festival, ma immagino un espansione verso tutto il territorio e anche fuori Milano. La sfida più grande è quella di matchare la danza con altri mondi, altri linguaggi, altri settori culturali.
Le sue esperienze passate quanto hanno aiutato?
Io non nasco danzatore, sono prestato al mondo della danza e lo sguardo da spettatore non mi ha mai abbandonato. Nei primissimi anni di frequentazione del mondo della danza il mio ruolo è praticamente stato quello di mediatore culturale, colui che sta in mezzo tra l’artista e lo spettatore. MilanOltre ha sempre avuto a cuore gli spettatori, soprattutto quelli giovani e se c’era un festival in Italia che mi poteva corrispondere questo era proprio MilanOltre. Il mio lavoro è fatto tanto di ricerca e di viaggi, bisogna andare a vedere cosa succede in altri paesi. Dal 2020 sono anche curatore del LAC di Lugano e questo sguardo internazionale mi aiuta tantissimo.
Come si sta sviluppando la nuova generazione di danzatori italiani?
Per anni la danza italiana è stata definita concettuale, troppo autoriferita, lontana dallo spirito del tempo. I tempi sono cambiati e spero di trovare un’urgenza, un grado di libertà nei lavori dei giovani. Ci sono artisti che stanno costruendo il proprio percorso con fatica e tenacia, molti si stanno relazionando a temi come l’iper digitalizzazione e l’intelligenza artificiale, altri che riflettono sulla relazione dell’uomo con la natura, c’è sempre più l’uso della macchina scenica totale. Una maggiore conoscenza dei mezze teatrali a disposizione. Tutto ciò ha bisogno di essere incoraggiato e anche sostenuto economicamente.
Come si immagina il Festival del futuro?
Ci stiamo focalizzando su accesso e rappresentazione. A Milano c’è ancora tantissimo da fare per differenziare il pubblico. In questi anni abbiamo portato molte compagnie estere in città. Dobbiamo capire come attivare comunità che non ci conoscono e insieme costruire nuovi valori condivisi. La comunità teatrale milanese è molto radicata, ma deve rinnovarsi.
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