Difettose a chi?

difettose

Sul palco del Teatro Sala Fontana un’energica Emanuela Grimalda recita un monologo piacevolmente orchestrato dal titolo Le Difettose – testo liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Eleonora Mazzoni (Einaudi, 2012), sul tema della fecondazione artificiale, ambientato in un reparto ospedaliero di “donne sbagliate”.

I soggetti sono tutte donne, a eccezione di un buffo insegnante di pratiche orientali e della figura del compagno di Carla, figura femminile centrale, attorno a cui ruota il serrato svolgersi dei fatti.
Nei rapidi e brillanti passaggi di registro – dal romanesco di Marco, al fiorentino della frizzante amica, all’accento della madre romagnola – la Grimalda si alterna fra i ruoli, gestendo con fermezza professionale la drammaturgia; ora calata nei panni dell’impaurita Carla, ora della dottoressa inflessibile, ora dell’infermiera ironica e insofferente… sette personaggi, un puzzle di voci costruito – fra amarezza e autoironia – intorno a un tema di grande e meritata attualità.

La regia pulita di Serena Sinigaglia inquadra una scenografia scarna e simbolica, accompagnando con finezza e implacabile cura per le luci la bravura dell’attrice, il medesimo tratto di precisione si riscontra nell’originalità delle scelte musicali, strettamente connesse agli stati d’animo più che alle azioni.

Gustoso il lavoro sul lessico e lo scherno tutto femminile a proposito dell’eufemismo facile, del diminutivo che ammorbidisce a tutti i costi. L’insieme contribuisce a dare rilievo alla leggerezza di una scrittura fresca e immediata; non vengono pronunciate sentenze fra le righe, quello che c’è è la storia di una donna, del desiderio e, ancor più, della volontà di essere madre. A margine il senso di sconfitta e l’ineludibilità della solitudine, da un lato stemperate da una spontanea risata, dall’altro lenite da una sempreverde lezione senechiana sul tempo.

 

Arianna Lomolino

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