Rothko è il pretesto, rosso è il sentimento della pièce.
Se non fosse la rappresentazione di quello che sfugge al reale, l’arte non riuscirebbe a essere così vicina alla verità. Rosso, di John Logan con la regia di Francesco Frongia, torna al Teatro Elfo Puccini e lo fa con la rilevanza che non si è dissipata negli anni del suo successo e delle sue repliche.
Ferdinando Bruni dà corpo a Mark Rothko. Misantropo dell’espressionismo astratto, nella luce artificiale del suo tempio in vita, prova a resistere alla verità muovendosi sui margini dell’abisso e scontrandosi con il presente impersonato in scena da Alejandro Bruni, il giovane pittore che fa studio dal riottoso. La prova d’attore è così intimamente asservita alla prosa da diventare un tutt’uno con il movimento che lo spettacolo regala.
Il tutto è un’oscillazione fra opposti, un andirivieni che non sacrifica quel che sta nel mezzo. Succede che l’arte e l’artista si interroghino sulla necessità dell’esprimersi, sulla trasposizione della materia umana impegnata a vivere l’arte della tragedia. E così, tutto riconduce alla staffetta che da sempre corrono Apollo e Dioniso.
Il movimento dell’opera è in tutta la scena, riguarda la luce che, se naturale, si concretizza nel suo opposto oscurando; riguarda lo spazio che, se occupato senza la consapevolezza, produce il vuoto del chiacchiericcio; riguarda il tempo che l’arte vorrebbe riprodurre ma che non riesce a rappresentare perché ingabbiata nel principio di indeterminazione.
Se fosse che le luci rappresentassero un altrove scenico, quelle di Nando Frigerio, unite alla scena di Frongia, sarebbero uno stomaco che lavora per digerire la vita contemporanea. La scena è un dentro che racconta di un fuori terribile, fatto di vacuità nella perenne lotta fra passato e futuro. Bruni senior non sa più come instillare la fatica della rilevanza dell’essere umani, Bruni junior non sa più come tenere insieme la complessità del dentro e del fuori.
L’arte vive di compagnia e per la stessa ragione muore. Quando si realizza può e sa perdonare perché possiede il tempo in una maniera che sfugge all’umano, anche se da questi deriva.
Vibra di rosso, e lo fa aspirando al nero.
Proprio come Rosso.
Alessandra Cutillo
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