Una scommessa…vinta. Ironia e saggezza al San Babila
Ha ancora senso scommettere sulle relazioni mentre le relazioni stesse, sono continuamente intessute ed avvelenate di scommesse, piccoli e grandi, curiose e bislacche? La betting company, una sorta di compagnia mondiale che annovera tra sé incalliti ed abitudinari giocatori sulle più svariate discipline sportive e non, continua a fornire programmi di scommesse, sempre più folti e con un dettagliatissimo menù quotidiano e nel contempo, attira milioni di proseliti, che ingolositi da vincite macroscopiche, si alienano progressivamente da tutto. per prima cosa, dalla loro identità di persona. E si trasformano in piccoli atomi che corrono da una possibilità di vincita all’altra, indivisibili ed indefessi nella loro voglia di fare il colpaccio, quello in grado di metterli a posto, per tutta la vita.
Si vive questo nella Scommessa, pièce teatrale leggera ma riflessiva, brillante ma senza lasciare indifferenti. La si è potuta vedere nei giorni 24,25 e 26 ottobre presso il teatro san Babila di Milano. Testo e regia di Emanuele Barresi, egli stesso, con Gaia De Laurentiis e Fabio Ferrari, da’ forma e contenuti ad una storia triadica, ordinata, ben imbastita e con la giusta dose di ironia e etica. Niente di pesante né di frivolo ma tutto che va via liscio come un vapore di incenso autunnale, che emana profumo, ma senza nauseare.
Michele, interpretato da Barresi, e’ posseduto dal tarlo della scommessa: scommette i risultati meno prevedibili delle più strambe partite di sport delle serie più sconosciute. Non è solo dentro questo vizio, ma con lui c’è l’amico di una vita, Enrico, reso da Fabio Ferrari. Enrico, è anche lui un assiduo scommettitore, ma è anche un avvocato, caratteristica questa, che gli fa almeno mantenere un certo aplomb ed un sano distacco dalla vita frenetica, perennemente mendicante attenzioni ed energie delle scommesse.
Tra di loro ecco Chiara, moglie di Michele, succube dei suoi giochi, ed operosa tappabuchi dei suoi debiti. È Gaia De Laurentiis, che inscena lunghe telefonate con la figlia Martina, dialoghi che provano a riempire il buco di tempo ed il vuoto esistenziale lasciato dalle estenuanti ed infinite peregrinazioni del marito, accusato dalla figlia di essere un pessimo esempio di padre.
Sé tutto puo’ essere messo a scommessa, però, allora, niente è certo. Se tutto può diventare azzardo, qualcosa resta ancora una scelta? Riuscirà il fido amico Enrico, intellettuale col gusto della lettura, a portare Chiara, moglie esaurita di Michele ed infermiera repressa, dopo averla fatta distrarre con la lettura di Rosencrantz e Guildenstern sono morti a portarla a vedere, al cinema, la trasposizione di quella commedia? Piacevole e non stucchevole questo piccolo metateatro creato da Barresi.
Al contrario stucchevole e non piacevole l’urlo “voce” che si alza, ex abrupto, dalla platea, frutto di un’impaziente signora e riferito a Gaia De Laurentiis. Così, tra una vita impoverita da un impulso continuo e ripetitivo, cardo e decumano di ogni scommettitore che si rispetti e che reca in faccia i segni di una vita affannata ed infelice, si respira il desiderio, tra le righe, di tornare ad un’esistenza dove la vera ed unica scommessa, è, in fondo, quella di stare accanto ad una persona, anche se questa, ha passato molti giorni di se’ accanto a calcoli, probabilità, giornali che analizzano addirittura lanci di sterco, essiccato, di mucca.
Luca Savarese
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