“Tutti parlano di Jamie”: recensione e interviste

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Foto Massimiliano Fusco

Era molto alta l’attesa per l’arrivo a Milano di “Tutti parlano di Jamie” dopo il grande successo ottenuto al Teatro Brancaccio di Roma. Parliamo di un musical che ha debuttato nel 2017 a Londra, ispirato alla vera storia di Jamie, un sedicenne che sognava di diventare drag queen e voleva presentarsi al ballo della scuola vestito da donna. Al musical è poi seguito l’adattamento cinematografico distribuito in Italia da Prime Video nell’autunno del 2021.

Viola Produzioni ha portato questo titolo in Italia per la regia di Piero Di Blasio con la direzione musicale del Maestro Dino Scuderi e le coreografie di Laccio.alla sua prima esperienza in un musical.

Attesa, dicevamo, che è stata ripagata alla grande perché “Tutti parlano di Jamie” è un musical travolgente, un vero e proprio gioiello che merita un posto d’onore tra i grandi nomi del genere. Una chiara dimostrazione che, con tutto il rispetto per i titoli che sono entrati nella storia, proporre qualcosa di più fresco può essere la scelta vincente anche davanti al pubblico italiano.

La storia si sviluppa nella provincia inglese, a Sheffield, lontana più di testa che di chilometri dalla metropoli multiculturale Londra vista come una sorta di paradiso dal protagonista. Jamie ha 16 anni, è omosessuale dichiarato e sogna di fare la drag queen. Non certo le caratteristiche migliori per crescere in periferia, ma non tutto gli è contro. Ha una madre che lo appoggia e un buon numero di amici a scuola. Dall’altro lato della medaglia però ci sono una professoressa che non capisce a pieno i suoi bisogni, un bullo che lo tormenta e soprattutto un padre che lo ha rinnegato. In mezzo a queste tortuosità Jamie lotta per realizzare i suoi sogni.

Il grande cast a disposizione di Di Blasio è sicuramente un’arma in più a partire dal protagonista Giancarlo Commare, conosciuto più per i suoi impegni d’attore in film e serie tv, ma capace di stupire anche sul palco e anche come cantante. Il suo Jamie è determinato, ha degli obiettivi ben precisi in testa e vuole raggiungerli ad ogni costo. È capace di tirare fuori una grinta inaspettata e non permette a nessuno di prevalicarlo. Il suo punto debole è il rapporto con il padre, il desiderio di averlo vicino si scontra con la dura realtà.

Foto Massimiliano Fusco

Al fianco di Jamie c’è sempre la mamma Margareth, una donna che ha compreso senza difficoltà l’omosessualità del figlio al punto di regalargli un paio di costose Jimmy Choo da donna rosse per il suo compleanno. Ad interpretarla è Barbara Cola che curiosamente qualche anno fa aveva interpretato un’altra mamma importante in un musical di successo. Era, infatti, lady Capuleti, la mamma di Giulietta in “Rome o Giulietta – Ama e cambia il mondo”. In quel caso cantava di odio e di violenza, qui, invece, lo spazio è tutto per l’amore incondizionato per il figlio. La sua canzone “He is my boy” è uno dei momenti più toccanti dell’intero spettacolo.

Grande voce anche per Benedetta Boschi che interpreta l’amica musulmana Pritti. Le sue versioni di “Spotlight” (“Sei tu la luce”) e di “It means beautiful” (“Sei di più”) conquistano subito il pubblico. Si tratta di un personaggio chiave nella vita di Jamie e forse il suo sorprendente sfogo finale poteva essere sottolineato ancora di più come successo nel film. Altrettanto convincente è Franco Mannella nei panni di Hugo che da giovane faceva la drag queen con il nome d’arte di Loco Chanelle. Coi suoi brani Mannella cambia un po’ lo stile dello spettacolo trasformandosi in narratore cantante e fornendo una piacevole variazione.

Lo spettacolo ha un perfetto equilibrio tra canto e recitazione e in questo secondo aspetto spicca Ludovica Di Donato nella parte di Ray, migliore amica di Margareth, che riesce a conquistare la simpatia del pubblico grazie al suo carattere spigliato e senza peli sulla lingua. Conquista sicuramente meno simpatie la professoressa Hedge, ma il merito è dell’attrice Lisa Angelillo che riesce a tenere il personaggio in bilico senza passare sfacciatamente dalla parte dei “villains”.

Musiche che entrano nella testa dello spettatore sono sicuramente un plus per qualsiasi musical e sotto questo punto di vista “Tutti parlano di Jamie” parte avvantaggiato. I brani si scolpiscono in mente partendo dalla canzone che dà il titolo all’opera, accompagnata dalla potente coreografia dell’ensemble passando, per “The wall in my head” (“Il muro nella mia testa”) con cui Commare fa subito capire che se c’è da cantare non sarà certo lui a tirarsi indietro. Dai brani corali, ai duetti, alle interpretazioni individuali, ogni canzone lascia il segno e il passaggio dall’inglese all’italiano non ha modificato la qualità

Importanti anche le scenografie curate dal pluripremiato Alessandro Chiti. Gli ambienti di questa storia sono tanti: l’aula della scuola, il bagno, la casa di Jamie, il negozio di Hugo, la camera di Pritty, più tutti gli esterni. Il meccanismo scorrevole ideato da Chiti rende possibile qualsiasi cambio di scena senza penalizzarne la cura.

Altro punto a favore di quest’opera consiste nel realismo dei suoi personaggi. Ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti. Jamie, da buon adolescente, non accetta compromessi e non vede strade diverse da quella scelta da lui. Sua mamma per un eccessivo tentativo di protezione finisce col ferire involontariamente il figlio. Pritty fatica inizialmente a capire il suo amico. Anche nei personaggi che dovrebbero fare da antagonisti si trova, però, qualcosa di positivo. La professoressa Hedge, pur sbagliando, agisce in buona fede e perfino il bullo Dean (ben interpretato da Giovanni Abbracciavento) avrà modo di redimersi. L’unica nota negativa rimane dunque il padre di Jamie a rappresentare quella parte di società purtroppo ben presente anche in Italia. Basta andare sui social a leggere i commenti nei post di certi politici che aizzano i loro seguaci pubblicando notizie che riguardano temi come omosessualità e transgenderismo.

Una volta si usava il termine tolleranza, ma è una parola sbagliata. Jamie non deve essere nè tollerato nè accettato. Jamie semplicemente dimostra che ognuno di noi è diverso e finché non si fa del male al prossimo nessuno va etichettato come sbagliato. “Tutti parlano di Jamie” lancia un messaggio importantissimo e pieno di speranza perché sono i giovani compagni di Jamie a ribellarsi e promuovere l’inclusione. E nelle nuove generazioni è riposta anche la speranza fuori dal palco, il lavoro che regista e cast stanno facendo con i matinée per le scuole e gli incontri sul bullismo sono un ottimo punto di partenza a cui i ragazzi rispondono con entusiasmo.

Ivan Filannino

LE INTERVISTE

2 Comments

  1. Grazie di cuore per la sensibilità, la precisione e l’accuratezza con cui ha scritto questo articolo. Davvero grazie.

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