La compagnia (S)BLOCCO5 affronta due testi che legano Testori a Manzoni: Lo scrittore e drammaturgo lombardo si serve dei temi manzoniani per affrontare due aspetti della sua vita: di uomo – ne “La Monaca Di Monza” sviscera il suo personale rapporto con il religioso e la libertà di espressione di sé – e di uomo di teatro – ne “I Promessi Sposi Alla Prova” indaga la sua pratica teatrale, il suo modo di intendere il teatro. La sfida è descrivere l’autore, nella sua interezza, attraverso queste due opere.
18 aprile 2018
LA MONACA DI MONZA
Produzione (S)BLOCCO5
di Giovanni Testori
Regia e interpretazione Ivonne Capece, Walter Cerrotta
Disegno luci Anna Merlo
Scenografie e costumi Ivonne Capece, Walter Cerrotta
Immagini e video Luca Scarparo, Gianluca Nanni, Mirko Mirabella
1591: Marianna de Leyva divenne monaca assumendo il nome di Suor Virginia Maria. Vent’anni dopo, durante il processo che la vide coinvolta per l’omicidio della conversa Caterina Cassina da Meda, dichiarò di essere stata chiusa in monastero dai suoi contro la propria volontà. Accusato con lei, il conte Gian Paolo Osio, suo amante da quasi dieci anni. Nel 1610 Suor Virginia fu murata viva in una cella larga due metri per tre, con un solo foro nella parete per ricevere cibo e aria. La condanna prevedeva che rimanesse rinchiusa per il resto della vita ma fu il cardinale Federico Borromeo, colpito dall’eccezionalità del percorso di redenzione della monaca, a liberarla tredici anni dopo e a lasciarne la prima testimonianza scritta. Ad essa si ispirerà Alessandro Manzoni, che trasformò suor Virginia in una delle più famigerate e controverse icone letterarie di tutti i tempi.
La scelta di un autore come Giovanni Testori nasce dal desiderio di dare risalto alla parola: una parola italiana, pura, letteraria ma dotata di una forza sanguigna straordinaria.
Il rapporto carnale-sacro che Testori ha con la “parola” è affascinante in questa sua “Monaca di Monza”, un personaggio che riesce — come poche altre figure — a rappresentare il binomio fede/peccato, ribellione/pentimento: punto nodale del corpus del poeta lombardo.
Lo spettacolo è un dialogo tra Suor Virginia e i principali artefici della sua monacazione forzata e del suo calvario dal carcere familiare a quello monastico fino a quello penale. I personaggi si muovono in un universo mentale fatto di ricordi e reviviscenze; la scenografia scura, fatta di poche e semplici linee, restituisce l’idea di un non-luogo nel quale volti e parole galleggiano in cerca di una rivendicazione che dia senso al dolore e agli errori della vita. Suoni, luci e musiche (tutte selezionate all’interno di un repertorio che va dal 1570 fino al 1630, periodo nel quale si svolsero i fatti) vanno e vengono come echi di una verità che appare solo a lampi e continuamente scompare, abbandonando l’uomo nel silenzio del vuoto e del NIENTE.
20-22 APRILE 2018
I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA/studio
di Giovanni Testori
Produzione (S)Blocco5
Regia e Interpretazione Yvonne Capece e Walter Cerrotta
Scene e Costumi Micol Vighi e Nunzio Capece
Light Designer Anna Merlo
“Il Verbo s’è fatto carne… ma adesso è la carne che si alza per farsi Verbo”: recitare Testori è divenire “parola”, questa la spinta ad affrontare il suo teatro.
Se “La Monaca di Monza” indaga il rapporto di Testori con il religioso e la spinosa questione della libertà di scelta, nei “I Promessi Sposi Alla Prova” ad essere protagonista è la pratica stessa del fare Teatro.
In questa versione il capolavoro di Testori viene radicalmente trasformato per denunciare l’incertezza, lo sconforto e l’inquietudine di due attori rimasti soli, orfani di maestri e guide, di fronte alla difficile scelta di fare arte e teatro oggi.
Il Maestro, vero e unico protagonista dello spettacolo, non c’è più: indubbiamente una scelta estrema, ardita sia sul piano testuale che su quello registico, ma che sembra dare ancor più lustro e importanza alla figura pedagogica dell’insegnante-regista. Questa assenza è il centro concettuale di questa regia: i due interpreti, confusi e smarriti in un dedalo di scene, indicazioni e ruoli dei quali non comprendono più i sensi e le necessità, si destreggiano nel difficile compito di farcela da soli, pur non sentendosi pronti a farlo. Unica guida: un taccuino di appunti di regia dimenticato dal Maestro sulla scena.
La prova dello spettacolo sarà una prova esistenziale attraverso la quale i due protagonisti cercheranno se stessi, come attori e come uomini. In scena c’è dunque la difficoltà delle giovani generazioni di artisti, abbandonate da un sistema che sempre meno garantisce, supporta e guida la difficile scelta di fare del Teatro una ragione di vita e un mestiere. Sul palco un cassa, una spada e una cornice a racchiudere gli abiti dei personaggi: un quadro dal titolo LA SPERANZA, quella che serve a guardare al futuro, a non cedere nei momenti di smarrimento.
LA MONACA DI MONZA e I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA vanno intesi come un unico progetto, un percorso di formazione personale; ma anche come omaggio a chi quel percorso ha consentito di realizzarlo: il Maestro retrocede fino al punto di origine, fino all’autore che lo ha creato.
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