Recensione: “Wolfszeit – Il tempo dei Lupi”

lupi
Foto Giovanni Degani

Con il programma Aktion 4 il governo della Germania nazista intendeva effettuare un’operazione di eutanasia sociale per sopprimere le persone disabii e affette da malattie genetiche.

Qualcosa che in questo momento ci appare inconcebile, ma che in quell’epoca riuscì a trovare l’approvazione di parte della popolazione tedesca (per fortuna non tutta) anche grazie a una martellante propaganda.

Aktion 4 è uno dei tanti temi che tocca “Wolfszeit – Il tempo dei lupi” di Swewa Schneider e Gianluigi Gherzi. Attrice e regista hanno lavorato insieme alla drammaturgia e il risultato è decisamente apprezzabile. Uno spettacolo che coinvolge il pubblico fin dai primi minuti grazie al suo velo di mistero che dirige verso un’indagine storica. Una figlia trova documenti e foto del padre tedesco a cui non riesce a dare spiegazione. Non sappiamo se ci troviamo di fronte a una sorta di Todd Bowden che scopre l’identità celata del signor Denker o a un ragazzo che segue il destino di Thomas Smith.

L’indagine parte da una foto di Marlene Dietrich, un dipinto, la foto di un bambino in uniforme, una svastica e il nome di Herbert Schneider. Da qui la donna cerca di scoprire i segreti che il padre non ha mai voluto rivelare. La storia raccontata riguarda proprio la famiglia dell’attrice Swewa Schneider e i documenti erano in una scatola consegnata dalla zia novantenne: foto, lettere, ritagli di giornale e altro.

Tanti pezzi di un puzzle che Swewa Schneider e Gianluigi Gherzi hanno saputo mettere insieme con grande cura riuscendo a creare uno spettacolo di alto livello. Molto interessante il focus su Marlene Dietrich e Leni Riefenstahl, due figure così opposte tra loro, una rifiuta il nazismo, l’altra lo abbraccia, ma ugualmente a modo loro icone di un’epoca e artiste eccezionali.

La recitazione di Swewa Schneider tiene il pubblico col fiato sospeso, alterna dolcezza e ruvidità, urla e canta “Ich bin die fesche Lola” e “Lili Marleen”, sa essere bambina e adulta, uomo e donna. Musiche e luci contribuiscono a creare una perfetta atmosfera così come la narrazione è aiutata da foto e video trasmessi dal proiettore. Si torna ad avere a che fare con uno scorcio di storia che non va dimentica, le immagini di migliaia di ragazzi che hanno aderito alla gioventù hitleriana devono far riflettere e vedere coi propri occhi i video di queste persone dovrebbero aiutare a capire come la propaganda era riuscita ad attecchire su una larghissima parte della popolazione.

Questo spettacolo è esplicitamente rivolto alle nuove generazioni, Swewa Schneider lo dice chiaramente e le sue parole sono la miglior spiegazione: “Lo spettacolo WOLFSZEIT desidero arrivare al cuore delle nuove generazioni, perché solo aprendo lo sguardo sul passato si può comprendere “l’ OGGI”. Il tentativo di trovare una visione di futuro e un rapporto con una memoria capace di trasformare i comportamenti presenti”.

Ivan Filannino

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