
LA FANCIULLA E IL SUO INFERNO
Inizia con L’inferno e la fanciulla la personale che il Teatro Franco Parenti ha deciso di dedicare alla pluripremiata Piccola Compagnia Dammacco.
Perché sia “pluripremiata” si capisce abbastanza in fretta. Non appena si spengono le luci della minuscola e deliziosa Sala 3 del Parenti (che sarebbe ancora più deliziosa se aggraziata da un leggero aumento della temperatura interna) si ha la sensazione di assistere a qualcosa di insolito. La figura che ci appare è quella di una bambina – donna, un po’ instabile nel suo incedere semi – danzato e immediatamente sorprendente nel suo parlare. Un linguaggio troppo ricercato per essere bambino ma troppo sincero per essere adulto è alla base di una drammaturgia riuscitissima, scritta da Mariano Dammacco e dall’interprete Serena Balivo, che ondeggia con anarchica grazia tra umorismo e poesia, alla ricerca costante di un’allegoria figlia di primo parto della Commedia dantesca, a cui questo spettacolo deve molto e a cui fa richiamo più volte, in maniera più o meno esplicita.
Anche qui c’è un viaggio agli inferi, senza un Virgilio a fare da guida, ma l’inferno non è quello disegnato dalla prima Cantica, bensì il mondo, esteriore ed interiore, della bambina – donna, fotografata all’imbocco del primo grande snodo della sua vita: il primo giorno di scuola, che lei chiama “debutto in società”. La prima separazione dal mondo protettivo degli affetti genitoriali dà il via ad una catena di pensieri e di incontri con creature mostruose e deludenti, a volte appartenenti al mondo reale (la maestra e il primo confronto con i maschi), altre all’immaginario più terrorizzante (niente meno che Satana in persona).
Nel cammino, la bravissima Serena Balivo (appena premiata con l’UBU come miglior attrice Under 35, insieme a Claudia Marsicano) fa da contraltare a se stessa, trasformandosi talvolta in quella che immaginiamo essere la proiezione della bambina nel mondo adulto. Ed ecco che la vocina al contempo delicata e teatralissima della bambina si trasforma nella voce ferma e reale dell’adulta; il suo corpo traballante, da carillon, muta verso l’incedere sicuro ed eretto della sua proiezione futura. Il teatrale si fa reale e questa trasformazione (che dovrebbe rassicurarci) produce invece un senso di angoscia, quasi di paura. Grazie anche ad un’atmosfera realmente infernale, realizzata abilmente con pochissime luci, si ha l’impressione costante che quell’adulta potrebbe trasformare le piccole dita della bambina in artigli da Wolverine, sviluppando i lampi di rabbia e di ferocia che la bambina riesce appena ad intravedere ma che già percepisce come possibili.
Feroce e ironico, divertente e grottesco, anarchico e toccante, il testo trasferisce la dimensione della bambina su tutti noi, poiché la sua condizione è in fondo quella di ogni individuo, chiamato costantemente al confronto con la scelta, con la rinuncia, con la delusione delle aspettative, con la perdita di libertà e il desiderio di ribellione. Ma, nel farlo, non indica una strada, né pretende di suggerire un percorso. E’ la lucidità della bambina – donna, sia nell’attimo della riflessione serena sia in quello del pensiero orrorifico, a spaventare più di ogni altra cosa. Poiché sotto il velo di quella lucidità, ognuno di noi potrebbe riconoscere il proprio personale inferno.
La personale della Piccola Compagnia Dammacco al Parenti proseguirà con Esilio (dal 26 al 28 gennaio 2018) per poi concludersi con La buona educazione (dal 12 al 17 giugno 2018)
Massimiliano Coralli
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