Recensione: “Dr. Nest”

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foto Valeria Tomasulo

La Compagnia Familie Flöz fa commuovere e divertire il pubblico del Teatro Menotti che ha accolto il gruppo berlinese senza lasciare nemmeno una poltrona libera in platea. Un’accoglienza calorosa e meritata per una realtà di teatro internazionale che ogni anno riesce a superarsi coi suoi spettacoli. Dr. Nest, per la prima volta a Milano, è uno spettacolo che per certi versi esce dai canoni di Familie Flöz, si rinuncia a un pizzico di ironia per addentrarsi in un mondo che nasconde diversi angoli cupi. La storia è, infatti, ambientata in un istituto psichiatrico dove il Dr. Nest prende servizio e, forte della sua grande esperienza, inizia il suo primo giorno nel nuovo luogo di lavoro. Ovviamente non mancano momenti esilaranti tipici della compagnia berlinese, le loro maschere sono uniche e le movenze dei cinque attori in scena valgono più di mille parole. Gli attimi di divertimenti si alternano, però, a scene profonde e ricche di malinconie racchiuse in un’atmosfera pirandelliana dolce e amara al tempo stesso.

Un teatro di figura dove gli esseri umani diventano burattini viventi capaci di raccontare una storia e trasmettere al pubblico tutti i suoi messaggi senza bisogno di aprire bocca. Tanto aiutano gli effetti che accompagnano i protagonisti, come il rumore del vento, e le luci. Ancora più importanti le musiche di Fabian Kalbitzer con tanto di piano e theremin sul palcoscenico. Una menzione meritano anche le scenografie di Rotes Pferd (Christian Eckelmann, Felix Nolze) perfette nel ricreare l’ambientazione di una clinica psichiatrica che potrebbe collocarsi in epoche differenti senza alcun problema, nulla è lasciato al caso, nemmeno le sedie scelte per accogliere medici e pazienti.

Un altro punto di forza è l’empatia che i personaggi interpretati da Fabian Baumgarten, Anna Kistel, Björn Leese, Benjamin Reber e Mats Suethoff riescono a trasmettere al pubblico, in certi momenti fanno volutamente ridere ma conquistano facilmente l’affetto degli spettatori. Ognuno ha, a modo suo, qualcosa da raccontare senza essere per nulla banale o stereotipato. Dr. Nest diventa così un viaggio introspettivo che potrebbe benissimo essere, oltre che teatro, anche cinema e addirittura cartone animato senza perdere il suo velo magico.

Ivan Filannino

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