Recensione: “Anna – Diario figlio della Shoah”

anna

Il breve tour di “Anna – Diario figlio della Shoah”, sviluppatosi durante i giorni prossimi alla Giornata della Memoria, si è concluso con un evento speciale al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano. Una serata intensa per uno spettacolo che riesce davvero a entrare nel profondo di ogni spettatore. Tante le emozioni trasmesse, un turbine di sentimenti che rende impossibile rimanere indifferenti davanti alla storia di questa ragazza ebrea tedesca morta a soli 16 anni in un campo di concentramento.

La storia di Anna Frank è conosciuta, ma non bisogna mai smettere di tramandarla. Per raggiungere più facilmente il pubblico ben vengano spettacoli come questo ideato e diretto dal coreografo Tony Lofaro, affiancato nella stesura del testo da Daniele Cauduro. Prosa e danza unite in quest’opera che vede in scena un cast giovanissimo con la talentuosa Cristina Pini nei panni di Anna e guidato dall’esperto Cauduro chiamato a interpretare il padre Otto.

Proprio Otto Frank è l’unico personaggio ad usare la parola per narrare i fatti, questo rende il racconto atemporale e ancor più malinconico. Un padre che parla con parole d’affetto ad una famiglia che riesce a rispondere solo con espressioni e movimenti rappresenta un’immagina ricca di amore ma anche carica di drammaticità.

Unire prosa e danza può essere facile sulla carta ma mostrare poi diversi ostacoli nella messa in atto, in questo caso, però, le due arti si uniscono armoniosamente. L’empatia generata dalla famiglia Frank si scontra con la violenza nazista che appare già nelle prime scene, nelle spinte per strada, negli sguardi di disprezzo verso una ragazzina ebrea. Un odio che genera violenza e che, a parole, tutti rifiutiamo per poi, però, trovarlo tutt’oggi in altre forme, ad esempio sui social nei commenti a notizie che riguardano certe categorie di persone.

Le coreografie di Tony Lofaro, perfettamente eseguite dal giovane corpo di ballo, sono una gioia per gli occhi anche di chi non è abituato alla danza. Anche in questo caso si riesce a scatenare diversi sentimenti, bastano due mani su un tavolo per trasmettere l’intesa che sta nascendo tra Anna e Peter una tenerezza che scompare con l’arrivo della Gestapo e quel viaggio in treno raccontato da una coreografia che può sembrare semplice a un primo sguardo ma che riesce a rappresentare in modo sconvolgente la drammaticità di quel momento, preludio alla commovente scena nelle camere a gas che lascia senza fiato il pubblico. La storia, infatti, non si limita a quanto raccontato nel diario di Anna, ma prosegue anche con la vita nei campi di concentramento allargando così la visione dalla famiglia Frank alle milioni di persone che sono passate per i lager nazisti.

Per rendere tutto ciò così immersivo sono fondamentali le musiche che danno un taglio cinematografico alla narrazione così come le luci curate da Marco Caccialupi. L’allestimento è ricco di trovate sceniche dalle proiezioni che ricordano certi videogiochi in prima persona alle sbarre delle celle calate dall’alto. Particolari che rendono uno spettacolo già ottimo alla base ancora più attraente.

Lofaro dicendo di chiudere con un’immagine di speranza mostrata dall’abbraccio finale tra padre e figlia. Per il coreografo la missione è tenere vivo il ricordo della Shoah (come raccontato in una recente intervista) e questo spettacolo riesce perfettamente nell’intento anzi andrebbe proposto anche al di fuori della Giornata della Memoria.

Ivan Filannino

Be the first to comment

Leave a Reply

Your email address will not be published.


*