Abbiamo intervistato Elisabetta Matelli, docente di Storia del Teatro greco e Latino, Retorica Classica, Laboratorio di Drammaturgia Antica e Corso di Alta Formazione dell’Università Cattolica del S.C. di Milano. Presidente dell’Associazione Kerkis. Teatro Antico In Scena di cui abbiamo dato notizia della nuova stagione 2014/15.
Con lei abbiamo parlato del progetto dell’Associazione Kerkìs. Teatro Antico in Scena e del rapporto tra teatro moderno e teatro classico.
Nella cultura moderna quando si parla di cultura classica (in particolare cultura classica greca) la prima cosa che viene in mente è senza dubbio il teatro. L’interesse per il teatro classico non è mai venuto meno. Come mai questa attualità destinata a non finire?
Il Teatro classico contiene ‘antropologicamente’ gli archetipi di tutta la successiva storia del teatro occidentale. Universali antropologici da una parte, ma anche continuità storica dall’altra, in quanto la nostra realtà contemporanea non ha alle spalle cesure con l’antichità classica. Nemmeno nel Medioevo si è interrotta la conoscenza del teatro classico. Basti pensare che, se i grandi testi di Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane, Terenzio, Plauto, Seneca si sono salvati, ciò è stato possibile grazie all’attenta trascrizione dei loro testi dai monaci di età tardoantica e medioevale, alla loro stampa dal rinascimento in poi, agli studi esegetici con le prime traduzioni subito iniziate e alle riscritture drammatiche che raggiungono il nostro tempo.
Chi conosce il teatro riconosce in ogni singola opera moderna rimandi, ricorsi e dinamiche narrative proprie alle storie e ai miti del teatro classico. Continue sono riletture e soprattutto i richiami al teatro greco e latino in particolare. Quanto è importante per un giovane regista, drammaturgo e attore questo confronto?
Il teatro classico rappresenta una grandissima scuola, che concentra in se stesso tutte le dinamiche essenziali del teatro di ogni tempo. Ogni difficoltà teatrale, anche contemporanea,, nella mia esperienza, può trovare nello studio attento e critico del teatro antico le chiavi per soluzioni che danno tocchi di genialità alle interpretazioni.
È davvero così indispensabile?
Al teatro classico si accede anche inconsapevolmente, studiando il teatro di epoche successive. Ma quando lo si studia, conosce e sperimenta sulla scena, si hanno mano chiavi che possono poi aprire molte porte.
Tra gli addetti ai lavori si parla oggi di crisi della drammaturgia. Bravi registi e bravi attori ma pochi drammaturghi. Una vostra opinione?
La mia personalissima interpretazione è che la drammaturgia, per funzionare, debba essere necessariamente un fenomeno ‘sistemico’, che coinvolge in un insieme organico molte complesse competenze, senza tralasciarne alcuna. La nostra epoca, che ha raccolto l’eredità cartesiana di una visione analitica anziché sistemica della realtà, non riesce secondo me a dominare – a causa della frammentazione del nostro sguardo – la grandezza della equilibrata composizione ‘organica’ di un dramma.
Milano è una città in continua evoluzione e votata alla modernità e al progresso senza sosta. Il teatro anche segue questa direzione: momenti performativi e installazioni molto spesso sono il modus operandi di numerose compagnie. Cosa può rappresentare il teatro classico in questo contesto e in una città come Milano?
Le radici, ineliminabili. La memoria di una storia testimoniata dai resti archeologici del teatro di età romana, di cui rimangono importanti tracce e non pochi reperti. L’esempio di grandezze artistiche, che ancora possono interrogare e ispirare la creatività contemporanea.
La programmazione 2014/15 di Kerkìs Teatro Antico in Scena. Cosa dobbiamo aspettarci?
Il cartellone 2014-2015 propone una serie di spettacoli di teatro antico che hanno l’intenzione di far assimilare al pubblico di oggi, divertendo e commovendo, il senso sottile e spirituale del nutrimento (tema EXPO 2015).
Il titolo generale che abbiamo dato alla stagione 2014-2015 è infatti ENERGIE PER LA VITA. IL SACRIFICIO DEL CAPRO ESPIATORIO.
Il teatro antico, storicamente nato dalle ritualità degli atti sacrificali in onore di Dioniso, presenta sempre vicende che ruotano attorno al sacrificio di ‘un capro’ espiatorio, sia nel genere tragico che comico. La realtà cruenta del sacrificio animale a teatro diventa racconto allegorico e fantasioso, tuttavia senza perdere riferimenti alla valenza religiosa dell’arcano atto originario di cui è mimesis.
La proposta in cartellone di commedie come Le Rane di Aristofane, Il Misantropo di Menandro, l’Anfitrione di Plauto, il mito di Arianna e il Minotauro (che ispira un canovaccio di Commedia dell’Arte, nel quale è protagonista Arlecchino) ci mette davanti alla ‘soluzione’ ludica, scherzosa, comica e grottesca del dramma del capro espiatorio.
Il dialogo platonico Apologia di Socrate, il mito di Andromeda, narrato attraverso le immagini di un dipinto di Piero di Cosimo del 1513, le tragedie Agamennone di Eschilo, Elena e Baccanti di Euripide, Shakespeare’s memories e le storie della grande guerra raccontate da Christian Poggioni presentano ‘vittime’ sacrificali nelle quali riconosciamo gli archetipi di ogni tempo, che nutrono misteriosamente la nostra vita.
Il tema del nutrimento si aggancia, necessariamente, al tema del sacrificio e viene esaltato dal mistero religioso cristiano, il quale mette al centro della propria fede un Dio che si fa uomo e offre il proprio sangue “in sacrificio” per tutti e il proprio corpo come ‘nutrimento’ per una vita eterna. Alla luce di questa prospettiva il cartellone comprende una lettura scenica del Vangelo secondo Marco e spettacoli tratti dal romanzo di E.E. Schmitt, Il Vangelo secondo Pilato.
Una curiosità. Quale è per lei l’opera classica che ritiene più importante e imprescindibile e perché?
Non posso risponderle, come vorrebbe, con il titolo di una sola opera, perché l’antichità classica ci ha consegnato un articolato insieme di opere che –proprio nel loro insieme- rappresentano il CAPOLAVORO. Tra le tragedie, Aristotele aveva identificato nell’Edipo re la tragedia formalmente perfetta. Ma davvero nessuna delle altre tragedie e commedie supersititi è meno importante, per la capacità che tutte hanno di esprimere, con alta poesia, la tragedia e la commedia delle questioni umane di ogni tempo.
Come guida all’arte della scrittura drammaturgica, la Poetica di Aristotele, pur essendo un’opera incompleta, rappresenta ancora un punto di riferimento da cui partire. Lettura da completare con il trattato Il Sublime, di Dionigi Longino (per favore non dire “ Pseudo-Longino o ‘Anonimo”) del I secolo a.C. Ne ho recentemente curato una riedizione italiana per l’editore Abscondita.
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