Dopo essere stato al Teatro Verdi con Tropicana, il Teatro della Tosse si appresta a tornare a Milano. Il 14 e il 15 dicembre sarà, infatti, al Teatro i con “I, Banquo”, che Milanoteatri scelse come migliore spettacolo della stagione 2013/2014 e che fa parte del progetto “I, Shakespeare” ideato da Fabrizio Arcuri e dall’Accademia degli Artefatti.
A raccontare Macbeth attraverso gli occhi di Banquo sarà l’attore genovese Enrico Campanati che la redazione di Milanoteatri ha avuto il piacere di intervistare.
Enrico sei entrato a far parte del Teatro della Tosse nel 1976, festeggi il tuo quarantesimo anniversario, un bel motivo d’orgoglio
Sì, sono contento perché abbiamo fatto tante cose belle, è stata la mia terza esperienza di teatro e mi sono trovato subito bene. Vedevo i membri del Teatro della Tosse e ammiravo il loro progetto, quando mi ha chiamato Tonino Conte sono stato subito entusiasta.
A dicembre riporterai a Milano “I, Banquo” qual è il tuo rapporto con Macbeth e con il personaggio di Banquo?
“I, Banquo” mi piace molto perché è un testo davvero intrigante, mostra il punto di vista di un personaggio minore che è molto illuminante per tutta la vicenda. Mi piace moltissimo la frase ricorrente “Avrei potuto essere io e invece sei stato tu”, i casi della vita certe volte fanno prendere delle strade e delle scelte diverse, è un fatto che mi intriga.
Spieghiamo meglio il progetto “I, Shakespeare”
Bisognerebbe chiedere a Fabrizio Arcuri perché è una sua idea e dell’Accademia degli Artefatti. Sono testi di Tim Crouch, un autore molto performativo, che rivivono certe opere dal punto di vista dei personaggi minori come ad esempio Fiordipisello che in “Sogno di una notte di mezza estate” dice solo una battuta e che ora si può sfogare per un’ora e venti. La cosa interessante è proprio la variazione di prospettiva.
A fine marzo poi nuovo viaggio a Milano per portare al Teatro Menotti “Prometeoedio”, cosa puoi anticiparci?
E’ una spettacolo bello impegnativo. Io interpreto Ermes, un personaggio importantissimo ma tutto sommato minore che arriva alla fine, mentre Prometeo è Gianmaria Martini che rimane incatenato tutto il tempo. Anche la scenografia è molto interessante per uno spettacolo non facile ma che è piaciuto molto.
Da attore ti trovi più a tuo agio nei monologhi o a lavorare con altri colleghi?
Sono importanti entrambi, se fai solo monologhi rischi di non avere più capacità di dialogare con gli attori quindi avere la possibilità di dialogare e parlare con altri ti dà dei tempi che sono diversi da quelli che condizioni tu in un monologo. In una compagnia come la nostra poi è fondamentale che gli attori facciano anche parti secondarie e non sempre i protagonisti.
Cosa pensi del panorama teatrale di Milano e del sui pubblico?
Vi invidio moltissimo. Purtroppo ci vengo raramente ma tante volte sarei tentato di venire per vedere alcuni spettacoli molto belli. Il pubblico milanese, come quello genovese, è molto preparato. E’ bello vedere se un discorso funziona anche in altre città e in una piazza importante come Milano. La vita teatrale e culturale a Milano poi è molto variegata e per alcuni versi molto moderna, noi a Genova siamo un po’ più tradizionalisti.
Ringraziamo allora Enrico Campanati per il tempo che ci ha dedicato e lo aspettiamo prossimamente a Milano coi suoi spettacoli.
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