Giulio Cesare è il re di cuori

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“Se uno potesse già conoscere l’esito degli avvenimenti d’oggi! Ma basterà che si concluda il giorno, e tutto si saprà..“ (Bruto ,atto V scena I)
Questa frase, tratta dall’opera tragica Giulio Cesare di William Shakespeare, è un epitome di riflessione pungente sulla crisi della democrazia e della libertà. Il regista Alberto Oliva infatti ci mostra a tavolino, precisamente in una giocata a poker, le dinamiche universali del potere e dei loro giocatori e come il fato ne prediliga alcuni.

Lo spettacolo vede impegnati nella scena 5 talentuosi giocatori (Bruto, Cassio, Casca, Antonio e Ottaviano) che, come in quadro di Caravaggio, utilizzano le carte per le loro missioni: come spade per trafiggere le loro vittime, come liste di persecuzione dei cospiratori di Giulio Cesare ed infine come parche del destino di vittoria per Antonio e Ottaviano su Bruto e Cassio.

La carta più importante è il RE di cuori che rappresenta Giulio Cesare e il suo spettro nel seguito della vicenda. Alberto Oliva, con un vero gioco d’astuzia scenografica, non lo allontana dalla scena ma lo personifica grazie ad essa come la forza motrice intorno a cui si svolgono le vicende.

Ma come si può definire Giulio Cesare? Tiranno? Umano e benevolo? Chi sono le vittime? Chi sono davvero gli spiriti eletti dell’epoca, interessati al bene pubblico di Roma? E chi invece i cospiratori?

Shakespeare nella sua epoca (in un momento di tensione politica) non entra nel merito ma lascia a noi la scelta.
Così anche il giovane e talentuoso Alberto Oliva; attraverso i due discorsi di Bruto ed Antonio (dopo la morte di Cesare); chiede alla platea di scegliere da che parte stare: dalla parte di Bruto, che con le mani insanguinate, chiede l’inizio di una futura pace, della libertà e della redenzione. “Poiché era ambizioso, io l’ho ucciso! [..] Se c’è qualche miserabile o barbaro allora io l’ho offeso!”. Rappresentando Cesare, seppur suo padre, come il vero traditore della Repubblica. Oppure dalla parte di Antonio, che da prima stringe le mani agli assassini e poi si dissocia da questi “uomini d’onore” (da lui così chiamati), addolorandosi del suo amico defunto e rendendo pubblico il testamento benevolo di Cesare ai cittadini romani.

E la domanda seguente è: Il gesto di Bruto e Cassio, che combattono per il loro comune ideale di un regime democratico, è stato necessario o insignificante?

Da questo anche la natura, con i suoi ritmi e le sue leggi, resta impassibile allo svolgersi delle vicende umane, sia per i loro destini individuali (come i suicidi postumi di Bruto e Cassio) sia per il destino di Roma (che vedrà la guerra civile).
Proprio per questa ragione Cassio, nelle sue prime battute (alla Lady Macbeth) sprona il suo fidato e amico Bruto con queste parole: “Se restiamo schiavi non è colpa degli astri ma di noi stessi”. (Cassio: atto I, scena II)

Una produzione intrigante, gradevole ed avvincente. Con attori e scenografia d’impatto.
Consigliata da vedere dopo le elezioni americane, per stimolare il nostro stato d’animo ed il nostro giudizio.

Francesca Curina

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