Due donne che ballano, la recensione

Due donne

Trecentonovantanove il numero dell’ultimo fumetto, anzi giornalino, che manca alla padrona di casa per finire una vecchia collana che ha iniziato a raccogliere in età adulta rovistando nei mercatini dell’usato.
L’arrivo, grazie alla giovane COLF, dell’agognato numero (quello con le canzoni di Frank Sinatra) suggellerà il raggiungimento del traguardo.
Un traguardo al quale le due donne arrivano seguendo un doloroso percorso di reciproca conoscenza.

Un sentiero che viene ostinatamente perseguito malgrado il disvelarsi l’una all’altra (e di ognuna a se stessa) sia un processo desolante.

Già le prime battute dell’opera delineano lo scontro tra l’anziana padrona di casa e la giovane donna che l’aiuta due giorni la settimana per le pulizie. Sono dialoghi spigolosi, asciutti a vote grotteschi, divertenti, farciti di sarcasmo, ironia ed una discreta quantità di cattiveria. Quello che si crea tra le due non è un rapporto conflittuale né uno scontro generazionale: è un incontro tra due solitudini.

I due personaggi (senza nome) vengono efficacemente definiti in corso d’opera. Lo scadenzare del tempo nella fatiscente casa (eccezionalmente resi da scenografia e luci) di volta in volta prelude ad un incontro/scontro fra le due donne. L’ esito sarà un nuovo elemento di comprensione; un nuovo tassello nella costruzione del profilo dei due personaggi.

 

La più anziana ossessionata dalla sua collezione di giornalini, dal dover lasciare la casa in cui è nata e dalla latitanza dei figli. La più giovane incapace di entropia; custode di un terribile segreto.

Gli spigoli e gli aculei delle due si mutano man mano in ingranaggi che permettono di mettere in moto nuove dinamiche nella vite delle due donne.

L’incontro tra due anime perse si trasforma in una malinconica possibilità di riscatto. Una volta acquistata consapevolezza di se saranno le due donne a scegliere quando e con che ritmo ballare.

Su una trama di per se semplice (ma mai scontata) si innesta una pregevole e progressiva costruzione dei personaggi che porta lo spettatore ad accogliere con consolazione il patto finale tra le due donne.

 

Roberto De Marchi

 

 

 

 

 

1 Comment

  1. Sono d’accordo con te, molto. 🙂
    L’unica cosa che mi manca è la parola amicizia. Tra le due donne nasce quella che secondo me è una vera amicizia che le porterà ad accettarsi incondizionatamente.
    –Nico

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