Recensione: “Poesia, la vita”

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Un teatro, il Leonardo, uno sgabello e un leggio. Un attore e alcune fra le più belle poesie al mondo, di quelle che ogni spettatore ne può bisbigliare i versi in sala di almeno una. Uno spettacolo? No. Un dialogo con il pubblico, confessione di un uomo attraverso le parole degli uomini e delle donne che hanno saputo prendere la vita e sminuzzarla in versi, concentrandone il senso in poche righe.

Corrado d’Elia entra dal fondo della platea sulle note di Jovanotti, Oh vita! come posso io non celebrarti? Poesia-Vita, Poesia = Vita. O il titolo ufficiale, Poesia, la vita. Ma il senso resta lo stesso, quello di una esatta corrispondenza tra le due. È questo il manifesto iniziale che introduce gli spettatori a un viaggio attraverso l’esistenza e la piccolezza umana, tanto microscopica da poter essere stata riassunta più e più volte in poche parole di straordinaria bellezza. Il pensiero ricade spesso in questa riflessione durante i sessanta minuti di spettacolo. Tra una poesia e l’altra il ghirigoro della mente scopre e scruta l’esistenza altrui, e poi ritorna a sé, chiedendosi se sia proprio vero come dicono che la bellezza si trova nelle piccole cose. I poeti lo hanno fatto, d’Elia ce lo ricorda. La risposta deve essere sì.

Qualcuno a questo punto potrebbe spaventarsi, un’ora di poesie a teatro quando potevo comodamente leggerle tutte sul divano di casa! Ma l’obiettivo del progetto è proprio questo, come dichiara lo stesso ideatore: una anacronistica fiducia nella parola. La parola detta, ad alta voce a qualcuno, una poesia dedicata guardandosi in faccia. Senza la vergogna di essere gli ultimi paladini della tenerezza, ma col piacere ritrovato di condividere un pezzetto di anima, di scoprire intorno alla propria quella di altri seduti in platea.

Incontri, legami, silenzi, lontananze sono alcuni titoli dei capitoli che appaiono illuminati sul fondale nero come lucciole, nella concezione scenografica di Chiara Salvucci, e che fanno da bussola in questo viaggio, suddividendo in macro tematiche le micro composizioni. A rendere questo dialogo tra palco e platea semplice, fruibile a tutte le orecchie, anche quelle meno avvezze alla lirica, non è solo l’impianto scenografico assolutamente spoglio, ma la linearità dell’ideazione totale, l’accostamento e l’intreccio delle poesie che finiscono per risultare un unico poema, riuscendo a tracciare il filo del senso e l’ascesa dei sensi. Corrado d’Elia racconta una storia attraverso le storie e le parole di altri. Parole non semplici nella loro costruzione, ma che diventano malleabili in un’interpretazione schietta e diretta. Come a dire che se Gassman leggeva gli ingredienti dei frollini con lo stesso impeto con cui si leggerebbe il viaggio di Odisseo, d’Elia legge alcuni dei più importanti versi al mondo come fossero ingredienti di frollini.

Quei sessanta minuti si dilatano, moltiplicandosi, tanto è alta la densità di vita contenuta. Tanto è grande la qualità di questa vita raccontata dalla poesia. E se qualcuno ancora si chiede se vale la pena portare la poesia a teatro, la risposta è sempre sì, andate a teatro.

Alessandra Pace

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